giovedì 22 agosto 2013

Meeting di Rimini: mercoledì



Alle 7,30 la messa nella cripta della chiesa parrocchiale con i volontari del Meeting. Colazione e un po' di lavoro al PC per mettere on-line le sensazioni degli ultimi due giorni. Poi l'autobus e alle 11,15 il primo incontro della giornata in D5 sull'enciclica di Papa Francesco Lumen Fidei. A questo incontro viene anche mia moglie rinunciando al mare mentre Francesco si infila di corsa nella sezione dedicata ai giochi.

I ciellini forse sono rimasti delusi dalla mancata elezione di Scola, ma hanno riposizionato rapidamente i loro radar e hanno riconosciuto riconoscenti Bergoglio.La sala è piena, troviamo anche una nostra amica veneziana: ci dice che nella parrocchia di Viserba c'è una messa di CL alle 9,15.
Il primo relatore è uno dei suoi preti di punta, Josè Maria “Pepe” di Paola, dalle periferie di Buenos Aires. Ne è dovuto venire via per le minacce di morte dei trafficanti di droga. Ci ha raccontato quaranta anni di storia, da quando i primi sacerdoti sono andati a vivere nelle periferie, in una Argentina che oscillava tra
democrazia e dittatura, con la popolazione urbana in rapida secolarizzazione e opposta alla popolazione delle “ville” che veniva dalle campagne e portava una religiosità radicata. La presenza dei sacerdoti e l'appoggio incondizionato dell'allora vescovo Bergoglio ha inciso in profondità nella qualità di vita delle villas, la conquista dei diritti civili, dei servizi, acqua, corrente, scuole, e via.
Poi Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina parla di qualcosa che a dir la verità non mi colpisce troppo. Conclude un altro pezzo grosso, Stefano Alberto, docente di teologia alla Cattolica di Milano. Cerca di illustrare la Lumen Fidei e insiste su quella frase che in effetti mi ha lasciato delle perplessità: il tempo è sempre superiore allo spazio. La spiega affermando che lo spazio cristallizza mentre il tempo apre alla vita, al futuro. Vabbè, non mi convince tantissimo. Forse sarebbe da ricollegare alle analisi di Bergson sulla spazializzazione dell'intelligenza. Forse, in ogni caso sta di fatto che in effetti è una frase che fa pensare.
Mentre mia moglie e mio figlio tornano in albergo, mi mangio una piadina e cerco di intrufolarmi in qualche mostra, ma sono tutte stracolme.

Per fortuna non piove più ed è tornato il sole.
Faccio un salto in libreria: c'è spazio anche per i nostri autori. Ci sono i libri della Costanza, ma anche quelli di Massimiliano Fiorin e di Claudio Risè.
Alle 15 sempre in D5 due fisici di primo piano, Paul Devis, USA ma al momento, mi pare di aver capito, in Australia, e Josè Ignacio Latorre, portoghese al momento a Singapore, coordinati da Bersanelli docente di astrofisica a Milano. Il tempo nella scienza e nell'esperienza umana: a fagiolo, sembra che papa Francesco con quella frase abbia messo la pulce nell'orecchio a diversa gente. D'altronde tuttavia il tempo in una ottica scientifica non è propriamente tempo, ma una linea con un verso, quantificata e misurata. Una specie di spazio. Lo stesso Einstein aveva evidenziato che il tempo della scienza e il tempo della vita non sono la stessa cosa: un'ora passata con una bella ragazza e un'ora dal dentista non le viviamo allo stesso modo, ma per la scienza sono assolutamente identici.
Alle 17 ascolto la presentazione del libro di Bruno Sacchini Piccarda C'est Moi, su Dante. Sacchini cerca di spiegarci alcuni passaggi della Commedia per i quali ritiene di avere una lettura differente rispetto a quella corrente: Amor ch'a nullo amato ad esempio non significherebbe che colui che ama pretende di essere amato, ma che l'amore perdona colui che, pur amato, non ama. Vabbè, mi sembra un po' arduo. In ogni caso è interessante la notizia di Masi secondo il quale siamo l'unico popolo che legge i propri fondatori nella propria lingua.
Cena in albergo, breve passeggiata nella speranza delusa di assistere a qualche spettacolo in strada, a letto presto.

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