Lanza del Vasto
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (San Vito dei Normanni, 29
settembre 1901 - Elche de la Sierra, Albacete, Spagna, 5 gennaio 1981),
esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di Trabia. Il suo
vero nome era infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di
Trabia-Branciforte.
Il padre, Luigi Giuseppe, siciliano anche se nato a Ginevra il 18
novembre 1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda
agricola-vitivinicola e la madre belga, la marchesa Anna Maria
Enrichetta Nauts, nata ad Anversa il I luglio 1874.
Giuseppe Giovanni
aveva due fratelli: Lorenzo Ercole, nato nel 1903, morto a Rapallo nel
1958 e Angelo Carlo, nato nel 1904, cittadino americano nel 1939 (nel
1943 partecipò allo sbarco in Sicilia). Lanza studiò al liceo Condorcet a
Parigi, poi filosofia a Firenze e Pisa.
Si allontana dalla fede nell'adolescenza per aderire a una forma di
filosofia di stampo spinoziano. Condivide la ricerca soprattutto con il
fratello Lorenzo.
Durante la prima guerra mondiale vive a Parigi con la
madre. Rientra in Italia per iscriversi alla facoltà di filosofia a
Pisa, dove si laurea con una tesi sulla Trinità Spirituale. Durante la
preparazione della tesi stringe rapporti con ragazzi che avevano
combattuto nelle trincee, tra i quali cita soprattutto Antonino da
Empoli, fervente cattolico, al quale si deve l'invito a studiare
S.Tommaso in rapporto alle sue tesi sulla Trinità come filosofia della
relazione.
Lanza attribuisce la propria conversione alla lettura di una frase del
De Trinitate di S.Tommaso: "Deus enim est ralatio, non autem relativa
quia immutabilis".
Questa frase in realtà non si trova nel De Trinitate, e a tutt'oggi gli
studiosi di Lanza del Vasto non sono stati in grado di rintracciarne il
riferimento. In ogni caso, per quanto la memoria possa essere stata
alterata dal tempo, si deve essere trattato di un episodio concreto e
preciso della vita di Lanza, episodio che ha segnato tutta la sua vita
futura e la sua filosofia. Da quel momento Lanza si avvia verso la
scelta della povertà volontaria.
Nello stesso tempo inizia la ricerca di una risposta al dramma del
tempo. Lanza non aderisce al fascismo e ne critica apertamente le
fondamenta filosofiche e politiche, fino alle applicazioni pratiche. Non
vede tuttavia alternative credibili nelle proposte dell'opposizione
cattolica o socialista del tempo.
Vede invece una alternativa nella
proposta di Gandhi, e nel 1937 intraprende un pellegrinaggio per
incontrare il Mahatma. Incontrerà Gandhi nel 1938 e riceverà da questi
il nome di Shantidas, Colui che Porta la Pace. Tornato in Europa la
trova sull'orlo della seconda guerra mondiale. Fugge a Parigi per non
essere arruolato nell'esercito fascista, si propone come infermiere ma
viene scartato dall'esercito francese per la sua nazionalità italiana.
Durante la seconda guerra mondiale scrive Il Pellegrinaggio alle
Sorgenti, il racconto del suo incontro con Gandhi, che riscuoterà un
enorme successo e fu stampato anche in violazione alle norme sul
contingentamento della carta imposte dai tedeschi.
Terminata la seconda guerra mondiale fonda l'Ordine Patriarcale,
Nonviolento, Laborioso, Ecumenico dell'Arca, che con alterne vicende
vive ancora oggi.
La Comunità di Sant'Antoine è forse la più attiva in Francia, mentre in Italia è agonizzante il Movimento dell'Arca.
A tutt'oggi la casa madre dell'Ordine dell'Arca è considerata la Borie
Noble, piccolo villaggio nel sud della Francia, verso i Pirenei.
Il fallimento dell'eredità di Lanza del Vasto è quasi scritto nelle
stesse vicende che hanno accompagnato la sua vita e il suo messaggio,
troppo impegnativo ed innovativo per essere facilmente compreso.
Per comprendere il suo messaggio dobbiamo realizzare che LdV prima di
essere un filosofo o un maestro di vita, era un artista. Il suo
messaggio perciò anzitutto era un "produrre" (poiesis, poesia), un
realizzare un'opera espressiva delle proprie intuizioni. Perciò per comprendere
il suo messaggio c'è bisogno di uno strumento, la Comunità dell'Arca,
che non è anzitutto ciò che concretamente sono state o sono le varie
comunità dell'Arca da lui fondate, ma ciò che era nel suo pensiero la
Comunità dell'Arca. Per comprendere il suo pensiero spesso si deve
dire: "nella Comunità dell'Arca ..." senza intendere con ciò che in
tutte le comunità dell'Arca che sono state concretamente realizzate le
cose siano mai andate davvero come si dice che andassero, ma intendendo
che nel pensiero di LdV le Comunità dell'Arca funzionano così. Si
tratta quindi di un luogo utopico, uno strumento utile al pensiero.
Lanza del Vasto è un tradizionalista, è più di un tradizionalista. Il
suo messaggio ha la pretesa di risalire alla sorgente stessa del
pensiero, laddove si pone la genesi stessa della coscienza, dove "Io" mi
accordo di essere "Io". Quel punto genetico dove nasce ogni riflessione
umana ed è contemporaneamente cristiano, islamico, ebraico, indù,
buddista, animista, eppure appartiene ad ogni tradizione religiosa solo
appartenendo fino in fondo a quella specifica tradizione. Non c'è nulla
di più lontano dal pensiero di LdV,e più odioso, del sincretismo. Il
Cattolico incontra le altre tradizioni religiose quando è più
profondamente cattolico. LdV incontrò padre Pio e lo proclamò santo nel
proprio cuore e negli scritti, ben prima della Chiesa Cattolica. Ammirò e
venerò S.Teresa d'Avila ma anche S.Teresa del Bambin Gesù.
LdV è un rivoluzionario, ben più di ciò che noi intendiamo per
rivoluzionario. La rivoluzione è il giro della ruota, si considerano
rivoluzionari coloro che vogliono correre davanti alla ruota. Ma la
ruota gira su se stessa, e colui che torna indietro si trova più avanti
di coloro che corrono avanti. LdV sull'esempio di Gandhi prende sul
serio il Vangelo. Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha. Non
resistere al malvagio. Nelle Comunità dell'Arca la proprietà è comune,
ogni persona contribuisce con il proprio lavoro. Ma la comunità non è
retta da legami astratti, bensì da legami "carnali": il capo della
comunità è il patriarca.
LdV era ancora in vita e già i suoi discepoli pensavano a come
snaturare il suo messaggio. Durante l'ultimo capitolo che si tenne con
LdV in vita, i compagnons proposero di sostituire il titolo con il quale
si indicava il capo dell'ARCA (Patriarca Pellegrino) con
"responsabile".
In quel contesto il termine era usato nel senso banale
di "colui che risponde". Quando glielo proposero LdV considerò che si trattava di un termine molto bello
perchè aveva a che fare con "Sposo". Poichè lo sposo è colui che
promette, il responsabile è colui che mantiene la promessa, e l'uomo
della promessa nella tradizione ebraico-cristiana è Abramo, e Abramo è
il patriarca.
I membri dell'Arca accusarono il colpo, e attesero la sua morte, e dopo
quella ancora altri 10 anni per tornare alla carica. Alla fine tuttavia
il termine patriarca fu espulso dalle costituzioni dell'Arca, la quale
attualmente non si definisce più Ordine Patriarcale.
Questo, in estrema sintesi, è il percorso che spiega il fallimento
dell'eredità di LdV. Discepoli troppo pavidi e deboli culturalmente per
comprendere il valore profetico delle sue intuizioni.
Oggi il
riemergere prepotente del tema del padre nella cultura contemporanea
mostra quale novità vi fosse nel definire l'Ordine dell'Arca
"patriarcale" negli anni 70-80 del secolo scorso.
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