La mattina alle 7,30 messa
nella vicina parrocchia. La quasi totalità sono giovani volontari
del Meeting o comunque partecipanti. Sì, anche questa è
quell'Italia clandestina, giovani che nelle loro realtà o parrocchie
magari si fatica a notare, ma che quando fanno numero stupiscono,
perchè vedi una qualità altra, una attenzione e un rispetto per il
sacro altrimenti scomparsi. Le ragazze vengono in chiesa, alcune, con
i pantaloncini short, con le tessere di volontarie al collo, i
ragazzi con le magliette, giovani come tutti gli altri, che per
strada non distingui, ma che si alzano presto al mattino, magari dopo
aver fatto le ore piccole la notte precedente, si inginocchiano fino
al Padre Nostro, salutano con reverenza l'eucarestia, non impongono
nulla e non si lasciano imporre, non si vergognano e non ostentano.
Mia moglie al mattino va al mare con
Francesco, io prendo l'autobus e vado alla Fiera. Sono in coda per
entrare con quarantacinque minuti di anticipo, per fortuna all'ombra.
Ma non c'è la coda degli anni passati: ricordo attese eroiche sotto
il sole a picco della folla che riempiva la piazza dell'ingresso fino
a oltre le fontane.
Alle undici e quindici, come tutti i
giorni, ci sono quattro incontri in contemporanea. In D5 c'è un
certo Tianye Wu, un cinese. Suppongo che parlerà della persecuzione
della Chiesa in Cina. Mi interesserebbe come anche la lettura del
processo a Gesù del rabbino Weiler: l'ho già sentito parlare ed è
stimolante, non lo condivido su tutto ma è stimolante. L'unico che
non mi interessa è un incontro sullo sport, calcio e mountain byke,
e forse sbaglio. Ad ogni modo a qualcosa si deve sempre rinunciare,
perciò vado all'incontro politico in sala Neri (la sala Neri è
quella dedicata appunto alla politica, di solito). C'è il ministro
Zanonato, Castellucci di Autostrade Italia, De Santis del Conai,
Giordo di Arlenia Aermacchi, Recchi dell'ENI, Valeri della Deutsche
Bank. Sguardo d'insieme sulla situazione dell'Italia nel contesto
internazionale: va bene, siamo d'accordo, il problema dell'Italia è
l'organizzazione, la paralisi burocratica e amministrativa,
l'impossibilità di prendersi responsabilità e il rischio di essere
considerati responsabili per qualunque minima iniziativa. Non c'è
dubbio, il problema è quello. Quindi? Zanonato chiede indicazioni
concrete e non analisi generiche: mi alzerei io per raccontargli una serie
di inutili e ridondanti adempimenti concreti facilmente eliminabili,
avrei una piccola lista di osservazioni. Ma non c'è spazio
per il confronto e anche qui stupisce come si possa essere in
disaccordo su tutto e poi alzarsi, sorridersi e dire: ci siamo
capiti. Ma capiti su cosa? Che abbiamo fatto una bella passerella? A
che pro?
Mi ha raggiunto un medico di base,
collega di mia moglie, uno di sinistra in esplorazione. Tante gnocche
qui, commenta. E poi Formigoni. Bah. Se Formigoni ha fatto o non ha
fatto le vacanze a spese di Daccò mi sembra davvero un problema
secondario. Di fronte ad un paese in movimento, di fronte al rischio
di una stagnazione non di qualche mese o anno, ma epocale, mi sembra
davvero un argomento strumentale. Mangiamo ad uno stand: lui risotto,
io macedonia di frutta.
Poi ci vediamo la mostra
sull'alimentazione: molto deludente. Circa diecimila anni fa in
diverse parti del mondo l'uomo passa all'agricoltura. Una rivoluzione
enorme, di fronte alla quale tutto sommato il cristianesimo, l'Islam,
la rivoluzione francese e quella russa, la shoha e i gulag, sono poca
cosa, una rivoluzione che viene descritta lasciandola senza nessun
tentativo di risposta, ma senza neppur porre la domanda sulla possibile
causa. Va bene, ad un certo punto gli uomini hanno iniziato a
seminare il grano (nella Mezzaluna Fertile tra Tigri ed Eufrate), il
riso (in Cina) e il granturco (in Sud America) ed è sorprendente che
l'abbiano fatto grosso modo diecimila anni fa, quando la nostra
specie girava per il pianeta già da almeno
centoquarantamila-centonovantamila anni, e non ci si domandi perchè.
Sono passati dalla cultura della caccia, la cultura del gratuito,
della sorpresa, della solidarietà, alla cultura del sacrificio. I
cacciatori non sacrificano agli dei, li ringraziano invece per
l'animale che gli dei offrono a loro. Gli agricoltori sacrificano,
perchè gettano nella nera terra il seme che potrebbero mangiare e
ringraziano perchè il seme germoglierà e verrà l'acqua, ma non
troppa, e non verrà l'uragano, né la grandine. Gli agricoltori
pagheranno ai cacciatori il diritto ad avere una terra preclusa,
propria, una proprietà privata. Di tutto questo nella mostra non c'è
traccia, solo qualche considerazione buonista, un po' da scout, da
Commercio Equo-Solidale, da cattolici-sinistrati sulla prossima
ventura scarsità di risorse e d'acqua e sulla percentuale di suolo
coltivato.
Alle quindici rinuncio con un certo
dispiacere ad ascoltare Doninelli in D5 che parla di teatro e vado
alla conferenza sulla libertà da un punto di vista filosofico in
sala Neri, Costantino Esposito modera Eugenio Mazzarella e Salvatore
Natoli. Mazzarella è molto monotono nel parlare, sono grandi
concetti ma dà quasi l'impressione di sforzarsi ad evitare che dalla
voce traspaiano emozioni. Natoli ho l'impressione che giochi ad
approcciare a concetti condivisibili da una prospettiva per la quale
dovrebbero avere tutta un'altra considerazione. Noi siamo liberi di
fare qualunque scelta, siamo anche liberi di andare contro la nostra
natura, ma il prezzo delle scelte contro natura è la nostra
auto-distruzione. Ma allora che libertà è? Ma poi, davvero, tante
discussioni sulla libertà sono solo teoriche, perchè in teoria
siamo liberi di fare qualunque scelta, ma la vita pratica è fatta di
bollette da pagare e limiti socio-economici per i quali la nostra
libertà di scelta si riduce a ben poco. Perchè alla fine la libertà può essere solo libertà di fare quello che si vuole, qualunque altra libertà è un giro di parole. Quindi il problema non è tanto in cosa consista la libertà, ma cos'è ciò che si vuole davvero. Chi sono io, cosa voglio per me, qual è la strada per la mia felicità, tutto questo viene prima e pone le condizioni per un esercizio reale della libertà: la verità vi farà liberi.
Finita la conferenza ho una decina di
minuti e mi metto in fila per acquistare i biglietti per lo
spettacolo ispirato al romanzo di Chesterton, Manalive. Fatica
sprecata perchè è tutto esaurito per entrambi gli spettacoli.
Adesso è chiaro perchè per il monologo sulle Confessioni di
Agostino abbiamo trovato posto! Mi fa anche piacere che pian piano anche i ciellini abbiano scoperto il grande bevitore: quando all'università leggevo estasiato La Sfera e la Croce oppure L'Osteria Volante, mi guardavano come un animale strano.
Alle diciassette in D5 Simoncini
(insegna diritto costituzionale a Firenze) modera un dibattito tra
Weiler, Maduto (Ministro per lo Sviluppo del Portogallo) e Carozza
(docente di legge, USA) sui discorsi sociali di Benedetto XVI. Come
al solito Weiler è molto stimolante e preciso, ma io resto sempre
stupito della distanza tra ciò su cui in qualche modo si va a
concordare sul piano teorico e ciò di cui invece si discute con i
politici. Perchè anche ammesso che i politici si invitino per pagare
dazio, per tenerseli buoni, per leccaculismo infine, il punto è
perchè li si debbano tenere buoni. Se lo scopo non è, prima o poi, fare passare le nostre tematiche, a che prò? E se alla fine a me
non importa molto di ciò che fanno gli altri, a condizione che io
abbia la libertà di fare ciò che voglio io, e se questa libertà in
qualche modo, ammettiamo anche con qualche compromesso, ma alla fine
non è pura finzione, ora, questa libertà è ciò per cui si deve
lottare senza se e senza ma, senza tregua, sapendo che o si torna con
gli scudi o sopra! Meglio litigare apertamente con un politico facendogli sapere quali sono i punti irrinunciabili, piuttosto che ingraziarselo all'infinito senza portare a casa nulla. Ma son tutti convinti che ciò che si sta facendo
è ciò che si deve fare.
Torniamo in albergo per cena. Nella
parrocchia vicina hanno messo in scena un monologo basato sul libro
di Erri de Luca, In Nome della Madre. Non è male, belle musiche, De
Andrè resta un grande, sonorità Yiddish. Ma alla fine non capisco
come si faccia a far passare, in una parrocchia oltretutto, letture
così aberranti della figura di Maria. Come diceva Maritain: uomini
dal cuore duro e dalla testa tenera. Guardiamo con la stessa
indifferenza i migranti che affondano sui barconi e gli intellettuali
che propongono visioni della vita e di Dio incompatibili con la
ragione e con qualunque anche pur minima esperienza religiosa.
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