mercoledì 26 giugno 2013

Quando esco la ammazzo

Alberto si trascina nel caldo carico di odori unti e polverosi, la mente quasi spenta dalla stanchezza e dalla birra. Ormai deve proprio rientrare, ha lasciato la compagnia indifferente e si è diretto verso casa girando attorno a largo Antenore. Una Ferrari si allontana, elegante.

I condizionatori soffiano aria calda impietosa, i lampioni nascondono il cielo vuoto, una ragazza barcolla nella sua stessa direzione, le braccia penzoloni, in una mano una borsetta nera, nell'altra due sandali con il tacco alto. Alberto la conosce: è Martina, una vicina di casa.
«Ciao Martina, come ti butta la nottata?»
Lei lo guarda e lui vede un abisso nero di tristezza e delusione. Tende la mano, istintivamente, come con sua figlia quando tornava triste da scuola.
Martina gli si schiaccia addosso e piange. Lui le accarezza e ascolta. Non sa cosa dire, vorrebbe sapere perchè quella bella ragazza è triste, una ragazza così bella che può avere e merita tutto ciò che vuole. Ma nello stesso tempo non lo vuole sapere: sa bene che sono troppe le delusioni della vita, troppi gli inganni che i giovani devono scoprire.
Si siede, la prende in braccio e la abbraccia. La ascolta singhiozzare. La pelle sa di fresco, di pulito. Sotto il vestito leggero sente la pelle calda, i seni sodi. Con disappunto sente anche il proprio membro che si indurisce.
Lei lo abbraccia, lo accarezza, singhiozza ancora. Poi gli abbassa i pantaloni e si mette a cavalcioni facendosi penetrare.
Non ho mai avuto una ragazza più bella, pensa Alberto mentre viene bruciando di estasi il grigiore della città.

Alberto ha lasciato Martina davanti alla porta di casa, lei ha aperto piano per non svegliare i genitori ed è andata in bagno. Si è seduta sul bidè e ha cominciato a lavarsi ed, ecco, ha ricominciato a piangere. I singhiozzi che tra le braccia di Alberto si erano calmati, riprendono a scuoterla. Lei li soffoca con violenza mentre le lacrime le solcano le guance.
La madre l'ha sentita: «Che ti succede, tesoro mio?»
Martina non risponde e cerca con più forza di reprimere i singhiozzi, lavandosi furiosa.
«Tesoro mio, per favore parlami.»
La madre la accarezza, l'abbraccia, la supplica. Martina si lascia andare con la faccia premuta contro il seno soffice della madre: «Mi hanno violentata!»
«Chi, chi è stato?»
Martina si morde la lingua. Se accusa il giovane, per lei è finita. Mai più Ferrari, mai più piscine al chiarore della luna, mai più anche largo Antenore.
«Alberto» sbotta in un soffio, «Alberto Innocente»

Sono grosso modo le cinque del mattino e il ventidue di Giugno già albeggia.
La moglie di Alberto si alza imprecando per andare ad aprire alla porta. I carabinieri che hanno suonato si trovano davanti una donna sfatta, spettinata, che puzza di fumo. «Cerchiamo il signor Alberto Innocente» dice uno con lo sguardo assente.
«Perchè? Che cosa ha fatto?» balbetta lei con le labbra che le tremano. Il carabiniere ripete la richiesta senza battere ciglio, senza guardarla, con tono neutro e burocratico.
Gli danno qualche minuto per mettere insieme una borsa di effetti personali, perchè forse dovranno trattenerlo qualche giorno per accertamenti. Ma che non si preoccupi, tra qualche giorno sarà a casa.
"Qualche giorno! Ma questi sono impazziti, addirittura qualche giorno. E chi lo spiega al lavoro?" ragiona Alberto tra sè mentre cerca di raccogliere le idee.
Uscendo abbraccia la moglie che gli sussurra: «Che hai fatto, amore mio?»
«Non lo so, non lo so proprio!»

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