giovedì 30 maggio 2013

Il buco 3




Comincio ad essere stanco di stare in piedi e decido di lasciarmi scivolare sulle pareti dell'ascensore fino a sedermi. Luisella fa lo stesso, ci dobbiamo arrangiare per incrociare le gambe ed evitare i suoi tacchi sul mio inguine. Che cosa succeda là fuori comincia ad impensierirmi: ci vuole tanto a rintracciare l'assistenza? A mettere in funzione un generatore d'emergenza? O eventualmente ad aprire manualmente le porte?
Penso che se è stata Dorotea a combinare il tutto, sta superando i limiti dello scherzo simpatico e faremo i conti appena uscirò. D'altra parte al momento non posso verificare nulla, anzi, continuando ad accendere il cellulare per controllare l'ora e se ci sia rete, sto consumando la batteria. Credo che l'ipad di Luisella sia già scarico, perchè non lo estrae più dalla borsetta.
Da alcuni fori dal fondo salgono spifferi di aria gelida che odora di olio. Forse è un po' fastidiosa ma almeno non corriamo il rischio di finire l'ossigeno.
«Raccontami di tua moglie: perchè vi siete separati?»
«Non è un argomento semplice, potremmo parlarne per ore e forse potremmo anche farlo, vista la situazione. Tanto per riassumere diciamo che la questione è proprio quel femminismo di comodo di cui dicevamo prima, l'ideologia donnista che scardina i rapporti tra i sessi e sfascia le famiglie. Insomma: una coppia non può stare in piedi quando la donna pretende di mettere i piedi in testa all'uomo e di comandarlo a bacchetta.»
«Ma non ti rendi conto che stai facendo discorsi di un'altra epoca, che sei fuori della storia? Come puoi pretendere che la donna sia ancora sottomessa all'uomo? Credo che sia proprio il tuo maschilismo ad aver fatto saltare il tuo matrimonio.»
«Lo sapevo che era un argomento difficile e non ho nessuna speranza di farti cambiare idea. D'altra parte oggi anche la maggioranza dei cattolici è su posizioni simili alle tue su questo punto. Però mi devi dire una cosa: hai mai visto un'auto con due volanti o una nave con due timoni? Nessuno ti obbliga a salire su quella nave, ma una volta salita devi accettare che ci sia un timoniere. Puoi discutere a chi spetti il compito, puoi anche pretendere che sia la donna, ma non si viaggia, non ci si muove se non c'è uno e uno solo che guida. Non c'è nulla da fare.»
«Quindi può anche essere la donna a comandare?»
«Non c'è dubbio. Ma noi non ci siamo divisi perchè lei voleva comandare, bensì perchè lei voleva che io decidessi quello che voleva lei. Cioè io dovevo pensare con la sua testa. Dovevo essere io a decidere e lei a pensare. Le donne sono fantastiche con questi giochetti: sei libero di fare ciò che voglio io. Insomma, le dicevo, o fai quello che decido io o decidi tu e io mi adeguo, ma non possiamo discutere per giorni o mesi e stare sempre fermi perchè non arriviamo ad una scelta comune. Perchè in una società di due persone, come è la famiglia, le cose sono due: o sono miracolosamente d'accordo, o sono banalmente in disaccordo con una maggioranza spaccata esattamente a metà. Nelle società e nei consigli di amministrazione si cerca di evitare i votanti pari, e se proprio non si riesce si stabilisce che in caso di parità il presidente vota doppio. La famiglia, con un numero di consiglieri obbligatoriamente pari, deve avere il suo modo per uscire dal voto pari.»
«Mi rendo conto che si può scoprire che si hanno punti di vista diversi e allora è meglio chiudere. Ma mi stupisco che tu abbia pensato anche solo di cominciare, che una storia di coppia così potesse funzionare.»
«Perchè tutto il mondo la pensa diversamente? Non mi sembra una ragione sufficente. Anzitutto perchè una donna cattolica in quanto cattolica queste cose dovrebbe saperle da sola. Non dovrebbe essere il marito a imporle o suggerirle. Io faccio fatica a capire come si possa essere cattolici rinnegando una parte così importante del Vecchio e del Nuovo Testamento, dei Padri della Chiesa, della tradizione. Non lo capisco. In ogni caso al nostro matrimonio leggemmo proprio quel passo di San Paolo che dice che le donne devono rispettare i mariti e quel brano lo scelsi io per cui non può neppure dire che non conosceva il mio punto di vista.»
«Scusa ma quella è una cultura che non conosco proprio. Cosa dice San Paolo, che le donne devono obbedire? O hai detto rispettare?»
«In quel brano che abbiamo letto diceva “rispettare”. Poi non so se sia la traduzione migliore, non sono un teologo. Ma alla fine non cambia molto: obbedire viene da ascoltare. Si obbedisce perchè si ascolta qualcosa che è contro la propria emotività, o anche si ascolta qualcosa che invia verso qualcosa d'altro. Anche il rispetto ha a che fare con l'ascolto. Si ascolta la persona che si rispetta, si cerca di capire il senso di quello che dice. Vedi, con mia moglie era da anni che non mi capitava di parlare come stiamo parlando noi due adesso, che non avevo la sensazione che lei mi ascoltasse e capisse e rispettasse.»
«E cosa dice San Paolo dei mariti, qual è il loro compito?»
«Di amare le proprie mogli. Buffo, vero? Come si può pensare che un marito possa non amare la donna che ha scelto e sposato proprio perchè ne era innamorato? Eppure credo che si tratti di una profondità impressionante: per un uomo è tanto difficile amare una donna a lungo quanto per una donna rispettare a lungo un uomo.»
Luisella tace e anch'io ripenso a quelle cose che mi sono ripetuto tante volte per spiegarmi perchè il mio matrimonio sia fallito e che per la prima volta dico a qualcuno, in una situazione così anomala, io e lei soli nel buio, soli nell'universo.
«Hai amato tua moglie? La ami ancora?»
«Ho tentato, tento. Non è facile amare chi ti fa del male deliberatamente, chi gode nel vederti soffrire. Ma d'altra parte il Vangelo è questo: amare i propri nemici.»
«Tua moglie è il tuo nemico? Perchè continuare a stare insieme ad una donna che senti come nemico?»
«Perchè questa è la volontà di Dio. Non insieme finchè si è innamorati, ma finchè morte non separi.»
«Sono cose molto distanti dal mio mondo, cose che non comprendo. Il mio orizzonte è la libertà, l'autodeterminazione. Che senso ha restare legati a rapporti che ti condizionano, ti limitano, ti impediscono di vivere e crescere ed essere felice? Che senso ha un dio che ti costringe in legami che ti fanno infelice e fanno infelici gli altri? Eppoi dove sono i cattolici che prendono sul serio questi impegni? Neppure tu. Chi ha deciso alla fine la separazione? Tu o lei?»
«Lei. È stato un crescendo di litigate e urla e minacce. Un giorno si sono presentati i carabinieri e mi hanno notificato il decreto del giudice che mi proibiva di avvicinarmi a mia moglie e di frequentare gli stessi ambienti e mi imponevano di cercarmi un altro tetto. La legge sullo stalking, hai presente?»
Luisella tace, sembra che annuisca a quel che dico. «Anche mio marito ha cercato di uccidermi, quello che ho sposato molto giovane e con cui ho fatto mia figlia. Ho impeigato molto tempo a decidermi a lasciarlo e me ne pento, avrei dovuto farlo prima, avrei risparmiato sofferenze a me, a lui e a mia figlia.»
«Io non ho cercato di uccidere mia moglie», preciso.
«Si, era per dire, immagino, ti conosco, non sei il tipo. Era per dirti qualcosa di me, delle mie ferite.»
«Luisella, ho un problema»«Dimmi»«Non ce la faccio più, mi scappa tanto la pipì, la devo fare.»
Ci alziamo, mi metto verso la porta dell'ascensore e cerco di dirigere il getto verso la fessura tra le porte che palpo con le dita. L'operazione non riesce alla perfezione e sento l'urina che cola in parte sulla porta e in parte sul pavimento dell'ascensore mentre l'odore denso e pesante si diffonde ovunque.
Forse stimolata dal rumore o dall'odore, anche lei dice che ha lo stesso problema, ma è più complicato soddisfarlo. La sento che armeggia e mi rendo conto che si sta togliendo i collant, poi si accuccia cercando di centrare la fessura tra le porte. L'odore della sua orina si mescola al mio. Poi la sento ancora agitarsi là in basso: con i collant sta pulendo il pavimento.
La sento che ride: «Dottore che situazione, ma si rende conto dei livelli di sicurezza della sua azienda? Per non parlare dei servizi!»
Cerco di resistere e restare in piedi, ma il tempo passa e la stanchezza mi opprime. Mi decido a sedermi.

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