giovedì 31 gennaio 2013

Roberto Papetti, Enrico Pavanello e il giornalismo

Capita che un professore a scuola venga sollecitato dagli alunni a trattare un tema scottante: l'omosessualità. Capita che il professore, di fretta come siamo un po' tutti oggi, butti giù qualche appunto a penna, ne faccia fotocopie e che lo distribuisca in classe.
Capita che uno dei suoi alunni metta il foglio su feisbuk, dove lo pescano coloro che sono a corto di ragioni per vivere, i quali esultano perché possono mettere alla gogna qualcuno. La Concia chiede (in pubblico, sui giornali, mica a cena davanti a un doppio whisky!) che il prof venga licenziato. La Siebezzi pubblica sui giornali locali nefandi sproloqui senza nè capo nè coda, ma con un unico obiettivo: concludere al più presto il linciaggio dell'infame omofobo. Lo UAAR, ovviamente, non si lascia sfuggire l'occasione di attaccare la Chiesa cattolica e l'insegnamento della religione.
Capita che 26 (ventisei) alunni di quella classe dove quel foglio fu distribuito su 27 (ventisei su ventisette: maggioranza strabulgara, il 98,97%!) scrivano ai giornali e che il Gazzettino pubblichi la loro lettera nell'edizione locale.
Capita anche che il direttore, tale Roberto Papetti, si degni di rispondere di persona.

Ora, tra le cose scritte dagli studenti e la risposta del direttore, c'è molto da imparare:

anzitutto, gli studenti dicono che scrivono perché "a loro modo di vedere (il professore) è stato diffamato".L'aquila del direttore fa loro una bella predica, che in quanto studenti devono stare attenti a quel che scrivono e alle parole che usano, perchè la diffamazione è un reato e invece loro, giornalisti, opinionisti, politici e via elencando, hanno tutti fatto il loro mestiere in modo irreprensibile. In modo a tal punto irreprensibile da dare addirittura spazio alle voci fuori dal coro, come quella dei ventisei studenti.
Ora, mister intelligentone, mi spieghi: in cosa consiste il mestiere del giornalista se non nel rendere per i lettori una immagine della realtà il più possibile vicina alla realtà reale? Cioè, insomma, mi faccia capire: se il 98.97% della popolazione votasse rosso, sarebbe onesto dire che bianco è il coro e rosso è la voce fuori dal coro? Sarebbe corretto raccontare che l'iniziativa del professore è stata condannata da tutti ed ha suscitato uno sdegno universale? Io non so perchè il ventisettesimo studente non ha firmato, concedo ovviamente anche alle infinitesime minoranze il diritto a qualunque opinione, epperò far passare l'opinione dell'uno virgola per cento per opinione dominante non mi sembra un grande esempio di giornalismo. E non è ancora certo che quell'uno che non ha firmato condivida la descrizione data dai giornali o invece non abbia firmato perché influenzato o qualche altra ragione della quale i giornali non ci hanno, al momento, edotti.

In secondo luogo, il direttore rimprovera con il ditino alzato gli studenti in quanto si sono azzardati a dire che "a loro modo di vedere (il professore) è stato diffamato", il che è tanto falso perchè ... perchè lo dice lui, il signor direttore la cui opinione è certa e valida a differenza di quella dei ventisei diretti interessati. Ma, signor direttore, il mestiere di giornalista non consiste nel capire la realtà per poterla descrivere? Se è così, e spero che sia così, non sarebbe meglio che anzichè fare il predicozzo a degli sbarbatelli, lei illustre e affermato giornalista si sforzasse di capire perchè loro dicono quel che dicono? Se a loro modo di vedere le cose sono andate in un certo modo, forse sarà bene domandarsi se qualche ragione ci sia. O la realtà è quella che lei decide che sia?

In terzo luogo, la lettera di questa sparuta minoranze degli interessati, viene pubblicata nell'edizione locale del giornale. Ma come: una vicenda che riguarda ventisette studenti, arriva alla ribalta nazionale e alle prime pagine dei giornali nell'edizione nazionale con l'interpretazione che (forse) ne ha dato uno dei ventisette, mentre la versione dei ventisei va relegata in una pagina interna dell'edizione locale?

Va bene, il tutto sembra una versione della disinformazione organizzata. Sarà meglio fidarsi meno di tali giornali e tali giornalisti.

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