La lesbica e l'ombrello
I quotidiani di questa mattina applaudivano al coraggio di
Jodie Foster, la quale l’altra sera, alla consegna del Golden Globe, ha fatto
outing, cioè ha raccontato a tutti che lei è lesbica.
Per essere precisi avrebbe dovuto dire che lei è lesbica
potenziale, in quanto essendo al momento single non può strusciarsi tetta
contro tetta, lingua su lingua e lingua su sesso, pelle morbida su pelle
morbida. Al momento lei può solo dire che sarebbe eventualmente attratta da
tali manifestazioni d’amore, ma deve limitarsi a salutare e ringraziare la sua
ex compagna e a raccogliere applausi, sorrisi, congratulazioni, commozione, lacrime.
Banda di deficienti! Come se servisse un qualche coraggio per dire: io sono
lesbica. Ma vai a dar via il culo, mi verrebbe da dire con altrettanto coraggio.
Il vero coraggio, miss deficiente, è quello di sposarsi e
restare insieme una vita. Lo so io che ho dieci anni più di lei e sono
sposato da quaranta. Ma tutto sommato lo sa pure lei che, anche se donna, quell’altra
donna che era la sua compagna, non è riuscita a sopportarla e a cinquanta
lustri esterna a tout le monde che è single. Né zitella, né nubile, né vedova. Single.
Perché quando ti innamori ti sembra di toccare Dio con un
dito, la felicità eterna e infinita, l’essere dell’essere, la vita della vita.
In quel momento ti viene da ridere se ti chiedono di promettere che starete
insieme tutta la vita. Promettere? A che serve? Non desideri altro, non
desideriamo altro che la gente tutta si tolga dai piedi per baciarci e fare all’amore
per sempre, per ogni singolo istante di tutta l’eternità.
Ci vuole una buona dose di follia per innamorarsi ed è
stupefacente che il mondo intero giri su questa follia. Un predicatore diceva alla
radio qualche giorno fa: ogni volta che ti innamori, lo fai per sempre. Si è
accorto subito della gaffe, ma troppo tardi per riprendersi le parole che tutti
hanno ascoltato. Perché c’è dentro di noi una propensione folle a cercare
qualcosa che sappiamo che non può esistere, per esperienza e per ragionamento. Eppure
nessun buon senso può togliere ad un essere umano la propensione a ricadere
ancora, anzi a cercare ancora follemente di ricadere in quella pazzia.
Così ogni essere umano rimbambito da quel sentimento che lo
aliena si lascia trasportare a promettere, con la massima buona coscienza e il
massimo trasporto: per sempre. Ma che senso ha promettere se nel momento in cui
sei innamorato non ti passerebbe neppure per la testa di non amare, e nel
momento in cui l’innamoramento passasse, quella promessa non sarebbe altro che
il perimetro dell’inferno? Ancora meno senso tuttavia avrebbe dire alla propria
amata guardandola fisso negli occhi: io sono innamorato finché dura e se dura
non chiederlo a me, non sono io a disporre del mio cuore.
Intrappolati tra due non sensi, gli uomini promettono, dalla
profondità del passato fino all’ultimo futuro respiro su questo mondo.
Promettere è follia, mantenere è coraggio, coraggio disperato e folle, oltre
ogni immaginabile resistenza umana. Altro che l’outing di un istante per gli
applausi e i fotografi!
Io mi rendo conto che ho scelto la via d’uscita più facile
da questo inferno di quaranta anni. Avrei potuto lasciarla, divorziare. Ma le
donne non hanno bisogno di essere sposate per renderti la vita insopportabile. Il
loro attaccamento anzi si misura proprio dalla loro capacità di farti soffrire
oltre l’immaginabile prima, durante e dopo il matrimonio. Perché adesso
guardando il corpo di mia moglie riverso nel sangue, il volto finalmente
rilassato e il grugno scomparso, comprendo che è il loro modo di possederti, illusione di amore.
Rivedo come ce l’avessi davanti mia moglie con l’ombrello
che dà addosso a quella femminista che si è denudata domenica scorsa in piazza.
Le guardavo come si guardano due galli beccarsi ferocemente e mi rendevo conto
che in qualche modo io ero al centro del loro azzuffarsi. Ma io al centro non c’ero,
erano loro che si figuravano e si azzuffavano per qualcosa che esisteva solo
nella loro immaginazione.
La femminista si era spogliata per protesta, insieme ad un
altro gruppetto, attorniate da fotografi. Manifestazione organizzata e basata
sull’assunto che le tette fanno sempre notizia. Mia moglie gli si è scagliata
contro, con le parole e con l’ombrello, perché difendeva la propria proprietà,
suo marito. Perché quando l’amore si raffredda, credendo di aver accalappiato l’uomo
con il sesso, le donne temono le altre donne che offrono altro sesso. Oltre
ogni ragionevole osservazione che mai e poi mai quelle tette erano o potevano
essere una offerta di sesso concreto. Eppoi non ha più smesso di brontolare con
la sua voce stridula e irritata: quelle puttane, quelle troie, e via così.
Laddove il problema però non erano anzitutto loro, le Femen, ma io! Perché l’assunto
non detto ma onnipresente era che se le donne si spogliano è perché gli uomini
le guardano. Perché sarei stato io a contattarle, arruolarle, pagarle perché venissero
a mostrarmi le tette! Nel senso che ciò che le ha spinte, mobilitate a fare
migliaia di chilometri per quella pagliacciata, era la mia libido, il mio
desiderio di sesso e di amore, ma soprattutto la mia insofferenza per il mio
matrimonio.
Perché le donne non capiscono che, se opprimono il marito,
tenere lontane le altre donne non serve a nulla. La vita resta un lager, anche
con una donna sola. Anzi tanto di più.
Quando arriveranno i carabinieri mi chiederanno perché l’ho
ammazzata. Anzi no, forse credo che non me lo chiederanno proprio. Sono
poche le cose più evidenti di perché un marito dovrebbe ammazzare la moglie. La
cosa stupefacente non è che ogni tanto qualcuno si decide, ma che ci sono ancora
nonostante tutto matrimoni che durano, quello è stupefacente, quello è vero
coraggio.
Mi chiedo cosa mi sia mancato per riuscire a sopportarla,
indagando nel mio passato fino a quando andavo all’oratorio con i pantaloncini
corti e nelle mie convinzioni fino ai risvolti più segreti. Mi ritorna l’esortazione
di mio padre: comportati da uomo. Facile a dirsi, ma dopo quaranta anni passati
istante per istante di ogni giorno e mese a tenere duro, è chiaro che non basta
volersi comportare da uomo.
Perché comunque nell’essere uomo non c’è solo la forza di
volontà: l’uomo è composto di una rete infinita di pensieri e sentimenti e
rapporti e cose per le quali talvolta non è più colpevole l’assassino del
santo. Talvolta lo svolgersi della vita ti porta laddove non puoi non andare, perché
non sarebbe umano, non è realistico chiedere ad un uomo di resistere fino alla
croce.
Perché è vero che te lo ripetono da quando sei piccolo, ma
portare da sé la propria croce è impossibile, è un compito troppo grande per
qualsiasi uomo. Non morire per ciò in cui si crede è mancare l’unica ragione
per vivere. Ma andare incontro alla morte giorno per giorno richiede un
coraggio sovrumano.
Siamo topi in trappola tra dilemmi ineludibili. Siamo
prigionieri di noi stessi, del nostro impossibile desiderio di amore.
Quando busseranno alla porta correrò ad aprire.
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