giovedì 17 gennaio 2013

Femminicidio #20

La lesbica e l'ombrello



I quotidiani di questa mattina applaudivano al coraggio di Jodie Foster, la quale l’altra sera, alla consegna del Golden Globe, ha fatto outing, cioè ha raccontato a tutti che lei è lesbica.
Per essere precisi avrebbe dovuto dire che lei è lesbica potenziale, in quanto essendo al momento single non può strusciarsi tetta contro tetta, lingua su lingua e lingua su sesso, pelle morbida su pelle morbida. Al momento lei può solo dire che sarebbe eventualmente attratta da tali manifestazioni d’amore, ma deve limitarsi a salutare e ringraziare la sua ex compagna e a raccogliere applausi, sorrisi, congratulazioni, commozione, lacrime. Banda di deficienti! Come se servisse un qualche coraggio per dire: io sono lesbica. Ma vai a dar via il culo, mi verrebbe da dire con altrettanto coraggio.
Il vero coraggio, miss deficiente, è quello di sposarsi e restare insieme una vita. Lo so io che ho dieci anni più di lei e sono sposato da quaranta. Ma tutto sommato lo sa pure lei che, anche se donna, quell’altra donna che era la sua compagna, non è riuscita a sopportarla e a cinquanta lustri esterna a tout le monde che è single. Né zitella, né nubile, né vedova. Single.
Perché quando ti innamori ti sembra di toccare Dio con un dito, la felicità eterna e infinita, l’essere dell’essere, la vita della vita. In quel momento ti viene da ridere se ti chiedono di promettere che starete insieme tutta la vita. Promettere? A che serve? Non desideri altro, non desideriamo altro che la gente tutta si tolga dai piedi per baciarci e fare all’amore per sempre, per ogni singolo istante di tutta l’eternità.
Ci vuole una buona dose di follia per innamorarsi ed è stupefacente che il mondo intero giri su questa follia. Un predicatore diceva alla radio qualche giorno fa: ogni volta che ti innamori, lo fai per sempre. Si è accorto subito della gaffe, ma troppo tardi per riprendersi le parole che tutti hanno ascoltato. Perché c’è dentro di noi una propensione folle a cercare qualcosa che sappiamo che non può esistere, per esperienza e per ragionamento. Eppure nessun buon senso può togliere ad un essere umano la propensione a ricadere ancora, anzi a cercare ancora follemente di ricadere in quella pazzia.
Così ogni essere umano rimbambito da quel sentimento che lo aliena si lascia trasportare a promettere, con la massima buona coscienza e il massimo trasporto: per sempre. Ma che senso ha promettere se nel momento in cui sei innamorato non ti passerebbe neppure per la testa di non amare, e nel momento in cui l’innamoramento passasse, quella promessa non sarebbe altro che il perimetro dell’inferno? Ancora meno senso tuttavia avrebbe dire alla propria amata guardandola fisso negli occhi: io sono innamorato finché dura e se dura non chiederlo a me, non sono io a disporre del mio cuore.
Intrappolati tra due non sensi, gli uomini promettono, dalla profondità del passato fino all’ultimo futuro respiro su questo mondo. Promettere è follia, mantenere è coraggio, coraggio disperato e folle, oltre ogni immaginabile resistenza umana. Altro che l’outing di un istante per gli applausi e i fotografi!
Io mi rendo conto che ho scelto la via d’uscita più facile da questo inferno di quaranta anni. Avrei potuto lasciarla, divorziare. Ma le donne non hanno bisogno di essere sposate per renderti la vita insopportabile. Il loro attaccamento anzi si misura proprio dalla loro capacità di farti soffrire oltre l’immaginabile prima, durante e dopo il matrimonio. Perché adesso guardando il corpo di mia moglie riverso nel sangue, il volto finalmente rilassato e il grugno scomparso, comprendo che è il loro modo di possederti, illusione di amore.
Rivedo come ce l’avessi davanti mia moglie con l’ombrello che dà addosso a quella femminista che si è denudata domenica scorsa in piazza. Le guardavo come si guardano due galli beccarsi ferocemente e mi rendevo conto che in qualche modo io ero al centro del loro azzuffarsi. Ma io al centro non c’ero, erano loro che si figuravano e si azzuffavano per qualcosa che esisteva solo nella loro immaginazione.
La femminista si era spogliata per protesta, insieme ad un altro gruppetto, attorniate da fotografi. Manifestazione organizzata e basata sull’assunto che le tette fanno sempre notizia. Mia moglie gli si è scagliata contro, con le parole e con l’ombrello, perché difendeva la propria proprietà, suo marito. Perché quando l’amore si raffredda, credendo di aver accalappiato l’uomo con il sesso, le donne temono le altre donne che offrono altro sesso. Oltre ogni ragionevole osservazione che mai e poi mai quelle tette erano o potevano essere una offerta di sesso concreto. Eppoi non ha più smesso di brontolare con la sua voce stridula e irritata: quelle puttane, quelle troie, e via così. Laddove il problema però non erano anzitutto loro, le Femen, ma io! Perché l’assunto non detto ma onnipresente era che se le donne si spogliano è perché gli uomini le guardano. Perché sarei stato io a contattarle, arruolarle, pagarle perché venissero a mostrarmi le tette! Nel senso che ciò che le ha spinte, mobilitate a fare migliaia di chilometri per quella pagliacciata, era la mia libido, il mio desiderio di sesso e di amore, ma soprattutto la mia insofferenza per il mio matrimonio.
Perché le donne non capiscono che, se opprimono il marito, tenere lontane le altre donne non serve a nulla. La vita resta un lager, anche con una donna sola. Anzi tanto di più.
Quando arriveranno i carabinieri mi chiederanno perché l’ho ammazzata. Anzi no, forse credo che non me lo chiederanno proprio. Sono poche le cose più evidenti di perché un marito dovrebbe ammazzare la moglie. La cosa stupefacente non è che ogni tanto qualcuno si decide, ma che ci sono ancora nonostante tutto matrimoni che durano, quello è stupefacente, quello è vero coraggio.
Mi chiedo cosa mi sia mancato per riuscire a sopportarla, indagando nel mio passato fino a quando andavo all’oratorio con i pantaloncini corti e nelle mie convinzioni fino ai risvolti più segreti. Mi ritorna l’esortazione di mio padre: comportati da uomo. Facile a dirsi, ma dopo quaranta anni passati istante per istante di ogni giorno e mese a tenere duro, è chiaro che non basta volersi comportare da uomo.
Perché comunque nell’essere uomo non c’è solo la forza di volontà: l’uomo è composto di una rete infinita di pensieri e sentimenti e rapporti e cose per le quali talvolta non è più colpevole l’assassino del santo. Talvolta lo svolgersi della vita ti porta laddove non puoi non andare, perché non sarebbe umano, non è realistico chiedere ad un uomo di resistere fino alla croce.
Perché è vero che te lo ripetono da quando sei piccolo, ma portare da sé la propria croce è impossibile, è un compito troppo grande per qualsiasi uomo. Non morire per ciò in cui si crede è mancare l’unica ragione per vivere. Ma andare incontro alla morte giorno per giorno richiede un coraggio sovrumano.
Siamo topi in trappola tra dilemmi ineludibili. Siamo prigionieri di noi stessi, del nostro impossibile desiderio di amore.
Quando busseranno alla porta correrò ad aprire.

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