domenica 13 gennaio 2013

Diserzione #1

 
Dove c'era il mare, Marghera, è terraferma, industria, porto, ferrovia, quartieri popolari, degrado, rinascita e orgoglio.
Marghera è il nuovo che attacca il vecchio e dopo la sconfitta affonda in fanghi radioattivi.
Seguendo binari dismessi, tra aree industriali abbandonate o mai edificate, si scoprono campeggi semi provvisori o quasi definitivi, multietnici e disperati.
George viene dal Ghana, ha due cicatrici sulla guancia per significare che è cristiano. Tarchiato, dal volto rispettoso, deciso a vivere onestamente l'avventura di questa vita. Il prete grasso con la barba me l'ha affidato perché io lo riaccompagni a casa.

Chiamare casa questi ricoveri improvvisati fa un certo effetto.
Parla inglese condito di qualche eco italiano. Faceva il camionista ma la crisi lo ha colpito. Mi è grato per il passaggio, come se avessi fatto una grande azione, eroica. Cerca lavoro e mi chiede di tenerlo presente se mi giunge qualche notizia.
Mi si attorcigliano le budella mentre apre la portiera e scende. C'è una voce che tuona nel cielo grigio: che ne hai fatto di tuo fratello?
Già, che ne ho fatto? Non sono affari miei, non è responsabilità mia. Chi glielo ha consigliato a George di venirsene via dal Ghana per tentare la fortuna in un paese di vecchi? Chi tenta la fortuna, amico, talvolta la trova, ma più spesso fallisce e la storia non porta memoria di coloro che macina.
Per i Lemonov c'è spazio, per chi ha successo. Per i disperati e l'immensa folla dei falliti non c'è lo spazio della memoria né della compassione.
Il prete grasso per il cenone di capodanno era alla mensa dei poveri insieme al patriarca Francesco. Il patriarca si dice abbia una attenzione particolare per i poveri, infatti è sua la richiesta di questi giorni di riconoscere la cittadinanza italiana agli stranieri nati sul suolo italiano, lo ius solis dei giuristi.
Patriarca, ha qualcosa a che fare con il padre e con l'archè, il principio, l'ordine. Nel patriarcato l'ordine non dipende dai soldi, dal potere o dal volubile sentire del volgo, ma dall'essere padre, dalle viscere che si contorcono al pensiero del figlio lontano bramoso di sfamarsi delle carrube date in pasto ai maiali.
Il padre è colui che non dimentica il figlio disgraziato per quanto disonesto e furfante. A maggior ragione se onesto e sfortunato.
Mentre guardo George allontanarsi verso le tende colorate e i panni stesi, sotto il cielo crudele che promette freddo e pioggia, mi spaventa lo sguardo azzurro del cappuccino dalla rada barba che mi chiedeva con voce sussurrata: ma tu perché credi che Gesù ti debba ancora perdonare?
Per quale ragione infatti conto ancora sul Suo perdono come una certezza infallibile, mentre lascio andare il mio fratello, lo lascio sparire e so che non lo vedrò mai più? Che ne hai fatto di tuo fratello? tuona ancora il cielo. Non è una condanna ma una domanda. La condanna è nella mia risposta: non lo so, non so dove è andato George, l'ho perso di vista, è sparito risucchiato dal nulla al di là del mio orizzonte, là dove la mia pigrizia non mi spinge, là dove le mie virtù non mi reclamano.
Il prete grasso è più grasso del consigliere regionale che ha replicato alle parole del patriarca: gli stranieri non la chiedono la cittadinanza. In un certo senso è vero: la cittadinanza è un particolare, un dettaglio, come la piega dei pantaloni. Prima viene il pranzo e la cena, prima viene un lavoro, un modo per guadagnarsi da vivere. Questo è il dilemma da affrontare prima dei dettagli: perché George se ne va triste sotto il cielo grigio, perché il suo andare non ha uno scopo, un fine, un obiettivo.
Perché non è vero che il lavoro è un diritto. A sentire certe stupidaggini mi verrebbe da spaccare la testa ai benpensanti progressisti che con esse si lisciano lo stomaco.
Il diritto è avere gli strumenti per soddisfare i propri bisogni. I propri bisogni fondamentali: mangiare, abitare, vestire. Creare. Ebbene sì: anche costruire, creare, produrre, è un diritto, e gli strumenti per creare, gli attrezzi e le competenze per lavorare, sono un diritto. Il lavoro non è un diritto ma un dovere.
Se George non ha un lavoro, c'è qualcosa di storto. Dov'è il pezzo di mondo di George, quello che lui deve sistemare e tenere in ordine, quello dal quale egli deve trarre il proprio sostentamento?
C'è una fabbrica tedesca che ha raccolto plausi e complimenti: all'inizio di questa ultima crisi si è trovata in difficoltà e avrebbe dovuto licenziare almeno metà dei propri dipendenti. Anziché licenziare hanno deciso di avviare un programma di ristrutturazione e formazione del personale, così adesso producono il doppio di prima in metà tempo.
Hanno avuto un grande successo: la qualità tedesca è nota e il resto del mondo può competere solo se ha prezzi molto inferiori. Perciò i tedeschi, abbassando i loro prezzi e producendo il quadruplo, hanno fatto chiudere quattro fabbriche piantate altrove che davano lavoro a centinaia di famiglie altrui. Il grasso consigliere regionale è contento e gongola nel raccontare questa storia, invidioso forse o anzi certamente, mentre George si ripara dalla pioggia sotto una tenda a Marghera.
Il leone squarcia il collo della gazzella e se ne nutre senza rimorsi mentre quella ancora scalcia. Può l'uomo fare altrettanto dell'altro uomo?
Mi spaventa lo sguardo del consigliere, i piccoli occhi cattivi, la presunzione di delineare con precisione ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio.
Di Cesare, urlo alle nubi nere, è l'immagine. L'immagine sulla moneta. Nulla di più.

Nessun commento:

Posta un commento