Cara
Feminoska
Grazie per
aver commentato il mio Femminicidio #16.
Captatio benevolentiae: in realtà davvero non
capisco come fai a non capire e a commentare in modo che proprio non ci azzecca nulla.
Allora, guarda, faccio un altro sforzo perché sono convinto che la violenza
comincia dove finisce la comunicazione e dove non si parla più. In un certo senso è vero
quello che dici: la violenza sulle donne nasce da una cultura che insegna a non
vederle come persone, nel senso che non insegna il dialogo. Perché se una donna
è una persona ci parli, se ci parli non puoi considerarla un oggetto. Quando
finisci di parlare, quando non capisci qualcuno, inizia la violenza anche se
al momento è una violenza sopita, prima
o poi verrà fuori in tutta la propria cattiveria e prepotenza.
Perché,
vedi, voi femministe dovreste studiare una grande femminista del secolo scorso,
Edith Stein. Lo so che, nata ebrea, allieva preferita di Husserl, vi fece il
torto di farsi cattolica e suora carmelitana per giunta. Magari un’altra volta
ne parleremo meglio, al momento vorrei solo che tu focalizzassi che era una
filosofa, e che la sua filosofia era la fenomenologia. La fenomenologia parte
dall’assunto che non possiamo cogliere la realtà nella propria essenza, la
verità, il noumeno, se non attraverso ciò che appare, il fenomeno. Ma per la
fenomenologia il fenomeno non è maya, non è illusione, non è il prodotto di un
diavoletto maligno che gode nell’ingannarci, come per Cartesio. Per Husserl il
fenomeno ben indagato e studiato e analizzato conduce alla verità. Lo strumento
più adatto all’analisi del reale, per Edith, è l’empatia, einfuhlung, e fa
questo esempio: quando vai al circo e vedi un equilibrista a venti metri da
terra, per godere lo spettacolo ti devi immedesimare in lui, sentire la
vertigine, temere il rischio di perdere l’equilibrio e sfracellarti al suolo.
Se non ti immedesimi in lui, hai sprecato i soldi del biglietto.
Proprio
questa capacità di immedesimazione manca a voi femministe. Dai, sai che non
penso anzitutto a te. Quella testa vuota della Michelle Hunziker ad esempio
pubblicizza una campagna nella quale invita le donne a rispondere alla violenza
con la violenza. Evidentemente non capisce nulla: possiamo discutere fin che
vuoi di testosterone e di aggressività, un giorno magari discuteremo del fatto
che il maschile non è anzitutto aggressività, ma fermezza, resistenza,
giustizia. Se il maschile fosse aggressività per più dell’uno per cento,
poniamo, l’umanità sarebbe già estinta. Epperò il maschile è anche senza dubbio
capacità di rispondere alle provocazioni, e se la Michelle mi provoca e vuole
lo scontro, bene, sono pronto: vediamo chi le prende.
La bionda fa
un pessimo servizio alle donne vittima di violenza, perché non parte dall’empatia,
dall’immedesimazione. Per prevenire la violenza si deve immedesimarsi nel
violento, capirne le ragioni, le motivazioni, e da lì immaginare un percorso
alternativo. Che è quello che io ho cercato di fare nei femminicidi da #1 a
#17.
Ora, la
stessa cosa vorrei farla con te, vorrei scendere nelle tue viscere, nei tuoi
occhi, nel tuo cervello e capire perché mai non riesci a capire. Tu sei
intelligente, tu non ti accontenti dei luoghi comuni, sai andare contro
corrente. E questo non lo dico per captatio benevolentiae, ma perché lo penso
davvero.
Come fai a non
capire che quella ragazza morta è un pretesto, la dimostrazione di una violenza
internazionale montata contro il popolo indiano nel suo insieme, maschi e
femmine? Chi manifesta e si scandalizza per quello stupro, violenta ogni
singolo indiano e ogni singola indiana.
Primo perché
uno è meno di trentotto milioni. Come fai a non capirlo? Va bene, Damina è
morta. Ma è morta una donna, se per una sola donna si fanno tante
manifestazioni, cosa si deve fare per gli altri trentotto milioni?
Provo a
capire. Perché Damina è una persona concreta, ne abbiamo visto la faccia, ha
una storia. Gli altri trentotto milioni sono invece una astrazione, un numero
difficile da immaginare. Può essere questo il motivo? Ma non posso pensare che
tu sia così povera di fantasia. A questo punto perché parlare ancora del
genocidio degli ebrei? Ma se il genocidio degli ebrei ha tagliato in due la
storia, cosa dobbiamo dire del genocidio di questi trentotto milioni di donne?
Per quanto
gli analisti discutano sui numeri, ormai c’è un certo accordo nel fatto che in
India trentotto milioni di donne sono state o abortite o uccise da piccole, ma
la versione che raccoglie maggiori consensi ormai è la prima. Le organizzazioni
del femminismo internazionale, La Planned Parenthood, il Cedaw, le altre
centinai di Organizzazioni Non Governative mobilitate per la salute
riproduttiva della donna, hanno reso disponibile in ogni sperduto villaggio
dell’India l’amniocentesi e l’aborto.
Donne che in
nome della salute riproduttiva delle donne abortiscono altre donne in quanto
donne. La lista dei femminicidi in Italia è una assoluta bufala, perché di
nessuna di quelle centoventi del 2012 si può dimostrare che sia stata uccisa in
quanto donna. Ma quei trentotto milioni sono state uccise tutte solo in quanto
donne e perché donne. Senza se e senza ma.
Che poi si
dice trentotto milioni perché è il numero di maschi in più. Ma sarebbero
trentotto milioni se il rapporto maschi femmine alla nascita, cioè no: al
concepimento, fosse uno a uno. In realtà in tutto il mondo il rapporto è un po’
superiore, più o meno uno virgola zero qualcosa, per cui si calcola che il
numero di donne eliminate sia tra trentotto e sessanta milioni.
Ora, tu mi
dici, quelle donne abortiscono le donne perché sono vittime di una cultura
maschilista e patriarcale. Terreno pericoloso, amica mia. Questo è il mio
terreno, perché la cultura da cambiare, da convertire, gli errori del pensiero
che conducono al male, non sono altro che echi dell’affermazione del Vangelo:
la verità vi renderà liberi.
Ma tu che
neghi valore alle confessioni religiose, non puoi scendere sul terreno del
confronto tra concezioni del mondo, non puoi azzardarti a dire che una
concezione del mondo è migliore di un’altra. Le donne indiane la pensano così.
Punto. Non serve a nulla indagare sui meccanismi che stanno dietro alla loro
concezione del mondo.
Serve invece
domandarsi chi e perché ha sfruttato quel modo di concepire il mondo e ha messo
nelle loro mani uno strumento sapendo come sarebbe stato usato. Sai bene che nel femminismo
istituzionale ci sono chiari ascendenti e riferimenti a Malthus, sai che da
quelle parti sono angosciati dalla sovrappopolazione del pianeta e spaventati
dalla possibilità che le balene possano estinguersi.
A questo
punto io mi domando se sei d’accordo con me che il silenzio del femminismo su
quell’inconcepibile femminicidio e il parallelo accento sui dubbi e sparuti
casi italiani o anche sulla povera Damina, sia perlomeno sospetto. Sei d’accordo
anche tu, spero, che il femminismo dovrebbe anzitutto impegnarsi a denunciare l’aborto
selettivo delle femmine e anche le minori cure mediche che le stesse ricevono
fin dall’infanzia. Quello è il vero mostruoso crimine, dal quale ci vogliono
distrarre con quei pochi casi che ci gettano negli occhi come polvere.
Sei d’accordo?
Spero di si, e se non sei d’accordo vorrei capire perché, davvero.
Poi dici che
la disparità maschi femmine e quell’enorme, inimmaginabile esercito di
trentotto milioni di uomini, non giustifica di per sé lo stupro. Ma, amica mia,
non hai detto, appena poco fa e proprio tu, che il male, la violenza nasce dal
mancato rispetto dei bisogni altrui? Forse non riconosci dignità al bisogno
sessuale? Proprio tu che inviti le donne single a toccarsi, a non aver paura di
autosoddisfarsi in mancanza di un uomo adatto alla bisogna.
Forse non
intendi che il sesso non è un bisogno sessuale, ma che bisogna imparare a controllarsi.
Già, ciascun uomo, ciascun essere umano intendo, deve essere perfetto e mai
lasciarsi andare. Come tu sei perfetta? Perché di tutte le cose che fai nella
tua giornata, tutte, cento su cento sono giuste e perfette? O no? Perché se mi
concedi che anche tu almeno una volta su cento sbagli, devi concedermi che
anche quegli uomini una volta su cento sbagliano, e se sbagliano una volta su
cento, ogni giorno trecentottantamila sbagliano. Sbagliano sotto la pressione della
fame di sesso, di una fame arcaica, infinita, eterna, insaziabile.
Si racconta
dei prigionieri italiani in Russia che, spinti dalla fame, arrivavano non solo
a mangiare i cadaveri dei propri compagni, ma anche ad ucciderli quando questi
si ferivano e gli altri sentivano l’odore del sangue: arrivavano a mangiarli
vivi! Riesci tu a metterti nei panni di quella moltitudine sterminata per la
quale la donna è un miraggio negato da sempre e per sempre?
Se riesci a
metterti nei loro panni, allora non ti puoi stupire se almeno uno ogni cento
ogni tanto perde il controllo. Se vedendo un altro come lui accompagnarsi con l’oggetto
irraggiungibile del desiderio, non ci vede più, non ragiona più, si lascia
andare e succeda quel che succeda. La tocco almeno una volta, e poi posso
morire: lo senti questo ragionamento?
Se lo senti, non puoi dirmi che qui in gioco c’è la libertà femminile. E
neppure quella maschile. Qui abbiamo un popolo di disperati che altri hanno
messo in condizioni assurde, in un vicolo cieco e senza uscite. Facile invitare
gli affamati a mangiare brioche. Dal nostro mondo caldo e tranquillo, noi che comunque
non abbiamo abbastanza dita per contare le nostre storie e relazioni.
In gioco c’è una situazione disperata nella quale un popolo è stato
cacciato dall’incoscienza di intellettuali “buonisti”, di folli preoccupati del
surriscaldamento globale, di diritti astratti, della tutela della biodiversità
del pianeta.
Ma gli imbecilli non hanno calcolato tutto. Perché se in via teorica è vero
che si possono eliminare gli uomini e contenere la crescita demografica del
pianeta come quella delle mosche, adesso qualcuno mi deve spiegare come
gestiremo questi trentotto milioni di uomini affamati di sesso. Come li
gestiranno. Cosa diremo quando in cento o in mille saranno attorno a ciascuna
delle nostre case per godere delle nostre donne. Quanti ne potremo ammazzare?
Quanti indiani ciascuno di noi potrà ammazzare? Dieci, cinquanta, cento? Perché?
Per difendere quelle donne che continuano a ripetere: l’assassino ha le chiavi
di casa, togliamogliele! Per loro noi dovremmo essere pronti ad uccidere trentotto
milioni di indiani. Poi inizieremo a parlare di cinesi, lo sai.
Io una soluzione ce l’avrei. Mandiamo tra loro la Michelle Hunziker, con
tutti i soldi che ha raccolto con gli sms in questi giorni. Chiudiamo le porte
e che facciano quel che vogliono. Che ne dici? Sei d’accordo?
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