martedì 1 gennaio 2013

Femminicidio #18


Cara Feminoska
Grazie per aver commentato il mio Femminicidio #16.
Captatio benevolentiae: in realtà  davvero non capisco come fai a non capire e a commentare in modo che proprio non ci azzecca nulla. Allora, guarda, faccio un altro sforzo perché sono convinto che la violenza comincia dove finisce la comunicazione e dove  non si parla più. In un certo senso è vero quello che dici: la violenza sulle donne nasce da una cultura che insegna a non vederle come persone, nel senso che non insegna il dialogo. Perché se una donna è una persona ci parli, se ci parli non puoi considerarla un oggetto. Quando finisci di parlare, quando non capisci qualcuno, inizia la violenza anche se al  momento è una violenza sopita, prima o poi verrà fuori in tutta la propria cattiveria e prepotenza.

Perché, vedi, voi femministe dovreste studiare una grande femminista del secolo scorso, Edith Stein. Lo so che, nata ebrea, allieva preferita di Husserl, vi fece il torto di farsi cattolica e suora carmelitana per giunta. Magari un’altra volta ne parleremo meglio, al momento vorrei solo che tu focalizzassi che era una filosofa, e che la sua filosofia era la fenomenologia. La fenomenologia parte dall’assunto che non possiamo cogliere la realtà nella propria essenza, la verità, il noumeno, se non attraverso ciò che appare, il fenomeno. Ma per la fenomenologia il fenomeno non è maya, non è illusione, non è il prodotto di un diavoletto maligno che gode nell’ingannarci, come per Cartesio. Per Husserl il fenomeno ben indagato e studiato e analizzato conduce alla verità. Lo strumento più adatto all’analisi del reale, per Edith, è l’empatia, einfuhlung, e fa questo esempio: quando vai al circo e vedi un equilibrista a venti metri da terra, per godere lo spettacolo ti devi immedesimare in lui, sentire la vertigine, temere il rischio di perdere l’equilibrio e sfracellarti al suolo. Se non ti immedesimi in lui, hai sprecato i soldi del biglietto.
Proprio questa capacità di immedesimazione manca a voi femministe. Dai, sai che non penso anzitutto a te. Quella testa vuota della Michelle Hunziker ad esempio pubblicizza una campagna nella quale invita le donne a rispondere alla violenza con la violenza. Evidentemente non capisce nulla: possiamo discutere fin che vuoi di testosterone e di aggressività, un giorno magari discuteremo del fatto che il maschile non è anzitutto aggressività, ma fermezza, resistenza, giustizia. Se il maschile fosse aggressività per più dell’uno per cento, poniamo, l’umanità sarebbe già estinta. Epperò il maschile è anche senza dubbio capacità di rispondere alle provocazioni, e se la Michelle mi provoca e vuole lo scontro, bene, sono pronto: vediamo chi le prende.
La bionda fa un pessimo servizio alle donne vittima di violenza, perché non parte dall’empatia, dall’immedesimazione. Per prevenire la violenza si deve immedesimarsi nel violento, capirne le ragioni, le motivazioni, e da lì immaginare un percorso alternativo. Che è quello che io ho cercato di fare nei femminicidi da #1 a #17.
Ora, la stessa cosa vorrei farla con te, vorrei scendere nelle tue viscere, nei tuoi occhi, nel tuo cervello e capire perché mai non riesci a capire. Tu sei intelligente, tu non ti accontenti dei luoghi comuni, sai andare contro corrente. E questo non lo dico per captatio benevolentiae, ma perché lo penso davvero.
Come fai a non capire che quella ragazza morta è un pretesto, la dimostrazione di una violenza internazionale montata contro il popolo indiano nel suo insieme, maschi e femmine? Chi manifesta e si scandalizza per quello stupro, violenta ogni singolo indiano e ogni singola indiana.
Primo perché uno è meno di trentotto milioni. Come fai a non capirlo? Va bene, Damina è morta. Ma è morta una donna, se per una sola donna si fanno tante manifestazioni, cosa si deve fare per gli altri trentotto milioni?
Provo a capire. Perché Damina è una persona concreta, ne abbiamo visto la faccia, ha una storia. Gli altri trentotto milioni sono invece una astrazione, un numero difficile da immaginare. Può essere questo il motivo? Ma non posso pensare che tu sia così povera di fantasia. A questo punto perché parlare ancora del genocidio degli ebrei? Ma se il genocidio degli ebrei ha tagliato in due la storia, cosa dobbiamo dire del genocidio di questi trentotto milioni di donne?
Per quanto gli analisti discutano sui numeri, ormai c’è un certo accordo nel fatto che in India trentotto milioni di donne sono state o abortite o uccise da piccole, ma la versione che raccoglie maggiori consensi ormai è la prima. Le organizzazioni del femminismo internazionale, La Planned Parenthood, il Cedaw, le altre centinai di Organizzazioni Non Governative mobilitate per la salute riproduttiva della donna, hanno reso disponibile in ogni sperduto villaggio dell’India l’amniocentesi e l’aborto.
Donne che in nome della salute riproduttiva delle donne abortiscono altre donne in quanto donne. La lista dei femminicidi in Italia è una assoluta bufala, perché di nessuna di quelle centoventi del 2012 si può dimostrare che sia stata uccisa in quanto donna. Ma quei trentotto milioni sono state uccise tutte solo in quanto donne e perché donne. Senza se e senza ma.
Che poi si dice trentotto milioni perché è il numero di maschi in più. Ma sarebbero trentotto milioni se il rapporto maschi femmine alla nascita, cioè no: al concepimento, fosse uno a uno. In realtà in tutto il mondo il rapporto è un po’ superiore, più o meno uno virgola zero qualcosa, per cui si calcola che il numero di donne eliminate sia tra trentotto e sessanta milioni.
Ora, tu mi dici, quelle donne abortiscono le donne perché sono vittime di una cultura maschilista e patriarcale. Terreno pericoloso, amica mia. Questo è il mio terreno, perché la cultura da cambiare, da convertire, gli errori del pensiero che conducono al male, non sono altro che echi dell’affermazione del Vangelo: la verità vi renderà liberi.
Ma tu che neghi valore alle confessioni religiose, non puoi scendere sul terreno del confronto tra concezioni del mondo, non puoi azzardarti a dire che una concezione del mondo è migliore di un’altra. Le donne indiane la pensano così. Punto. Non serve a nulla indagare sui meccanismi che stanno dietro alla loro concezione del mondo.
Serve invece domandarsi chi e perché ha sfruttato quel modo di concepire il mondo e ha messo nelle loro mani uno strumento sapendo come sarebbe stato  usato. Sai bene che nel femminismo istituzionale ci sono chiari ascendenti e riferimenti a Malthus, sai che da quelle parti sono angosciati dalla sovrappopolazione del pianeta e spaventati dalla possibilità che le balene possano estinguersi.
A questo punto io mi domando se sei d’accordo con me che il silenzio del femminismo su quell’inconcepibile femminicidio e il parallelo accento sui dubbi e sparuti casi italiani o anche sulla povera Damina, sia perlomeno sospetto. Sei d’accordo anche tu, spero, che il femminismo dovrebbe anzitutto impegnarsi a denunciare l’aborto selettivo delle femmine e anche le minori cure mediche che le stesse ricevono fin dall’infanzia. Quello è il vero mostruoso crimine, dal quale ci vogliono distrarre con quei pochi casi che ci gettano negli occhi come polvere.
Sei d’accordo? Spero di si, e se non sei d’accordo vorrei capire perché, davvero.
Poi dici che la disparità maschi femmine e quell’enorme, inimmaginabile esercito di trentotto milioni di uomini, non giustifica di per sé lo stupro. Ma, amica mia, non hai detto, appena poco fa e proprio tu, che il male, la violenza nasce dal mancato rispetto dei bisogni altrui? Forse non riconosci dignità al bisogno sessuale? Proprio tu che inviti le donne single a toccarsi, a non aver paura di autosoddisfarsi in mancanza di un uomo adatto alla bisogna.
Forse non intendi che il sesso non è un bisogno sessuale, ma che bisogna imparare a controllarsi. Già, ciascun uomo, ciascun essere umano intendo, deve essere perfetto e mai lasciarsi andare. Come tu sei perfetta? Perché di tutte le cose che fai nella tua giornata, tutte, cento su cento sono giuste e perfette? O no? Perché se mi concedi che anche tu almeno una volta su cento sbagli, devi concedermi che anche quegli uomini una volta su cento sbagliano, e se sbagliano una volta su cento, ogni giorno trecentottantamila sbagliano. Sbagliano sotto la pressione della fame di sesso, di una fame arcaica, infinita, eterna, insaziabile.
Si racconta dei prigionieri italiani in Russia che, spinti dalla fame, arrivavano non solo a mangiare i cadaveri dei propri compagni, ma anche ad ucciderli quando questi si ferivano e gli altri sentivano l’odore del sangue: arrivavano a mangiarli vivi! Riesci tu a metterti nei panni di quella moltitudine sterminata per la quale la donna è un miraggio negato da sempre e per sempre?
Se riesci a metterti nei loro panni, allora non ti puoi stupire se almeno uno ogni cento ogni tanto perde il controllo. Se vedendo un altro come lui accompagnarsi con l’oggetto irraggiungibile del desiderio, non ci vede più, non ragiona più, si lascia andare e succeda quel che succeda. La tocco almeno una volta, e poi posso morire: lo senti questo ragionamento?
Se lo senti, non puoi dirmi che qui in gioco c’è la libertà femminile. E neppure quella maschile. Qui abbiamo un popolo di disperati che altri hanno messo in condizioni assurde, in un vicolo cieco e senza uscite. Facile invitare gli affamati a mangiare brioche. Dal nostro mondo caldo e tranquillo, noi che comunque non abbiamo abbastanza dita per contare le nostre storie e relazioni.
In gioco c’è una situazione disperata nella quale un popolo è stato cacciato dall’incoscienza di intellettuali “buonisti”, di folli preoccupati del surriscaldamento globale, di diritti astratti, della tutela della biodiversità del pianeta.
Ma gli imbecilli non hanno calcolato tutto. Perché se in via teorica è vero che si possono eliminare gli uomini e contenere la crescita demografica del pianeta come quella delle mosche, adesso qualcuno mi deve spiegare come gestiremo questi trentotto milioni di uomini affamati di sesso. Come li gestiranno. Cosa diremo quando in cento o in mille saranno attorno a ciascuna delle nostre case per godere delle nostre donne. Quanti ne potremo ammazzare? Quanti indiani ciascuno di noi potrà ammazzare? Dieci, cinquanta, cento? Perché? Per difendere quelle donne che continuano a ripetere: l’assassino ha le chiavi di casa, togliamogliele! Per loro noi dovremmo essere pronti ad uccidere trentotto milioni di indiani. Poi inizieremo a parlare di cinesi, lo sai.
Io una soluzione ce l’avrei. Mandiamo tra loro la Michelle Hunziker, con tutti i soldi che ha raccolto con gli sms in questi giorni. Chiudiamo le porte e che facciano quel che vogliono. Che ne dici? Sei d’accordo?

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