lunedì 30 dicembre 2013

Vivisezione e dintorni

Il concetto base quando si parla di vivisezione, vegetarianesimo e animalismo è "compassione", la quale va subito problematizzata sotto due aspetti.
Il primo è che la compassione non si può imporre. Il primo rischio infatti è sconfinare dalla compassione alla retorica dei diritti, la quale retorica e il quale sconfinamento non ha alcuna garanzia di umanità o positività in sè.
Neppure quando si parla di diritti umani: c'è un diritto all'eutanasia o un diritto all'accanimento terapeutico? C'è un diritto all'aborto o un diritto alla vita, in assoluto? L'etica umana, che è anzitutto ciò che concretamente regola le azioni del singolo essere umano e non la scienza che ne discorre, si esercita nel concreto rapporto tra due persone concrete. Persone che non sono anzitutto titolari di diritti, doveri, passaporti, assicurazioni sanitarie, diritti di cittadinanza, eccetera.

Ovviamente, mutatis mutandis, quando si parla di animali a maggior ragione la compassione non può in nessun caso assumere le vesti del giudice e piazzarsi in tribunale.
Come a dire: povere foche! Già: la peggior catastrofe sanitaria per gli eschimesi è stata l'introduzione dell'alimentazione occidentale. Non discuto che a mangiar carne di foca potessero vivere al massimo quaranta anni e questo da ere immemorabili, epperò considero ben assurdo imporre il rispetto della vita delle foche a scapito di quella degli eschimesi.
Ma, andando ancora oltre: tutti i bambini amano molto il cartoon Madagascar, molto simpatico, non c'è che dire. Ma alla fine anche educativo, perchè crescendo il bambino matura la consapevolezza che in ogni caso le bistecche per Alex non nascono nell'orto. Per quanta compassione abbia della zebra, Alex non può mangiare fieno.
La compassione nel concreto non è compassione solo per la zebra, intendiamoci, qui è il punto. Imporre ad Alex di rispettare la zebra potrebbe essere un'ottima prospettiva per qualsivoglia animalista al quale concederei tutto il tempo di cui ha bisogno all'interno della stessa gabbia. O sulla stessa barca, come racconta un altro a proposito di una tigre.

E se la compassione non si può imporre ma ciascuno deve pensare alla propria, ne consegue il secondo punto, che compassione e comprensione devono tenersi per mano. Sant'Agostino diceva che si conosce solo ciò che si ama. È vero però anche il contrario: si ama solo ciò che si conosce in quanto l'amore di ciò che non si conosce è un vuoto moto dell'anima.
Al secondo anno di medicina la professoressa di fisiologia propose ad alcuni studenti tra coloro che stimava di più, suppongo, l'internato e la ricerca nel suo istituto. Io ero tra questi e visitai il suo laboratorio: rifiutai perchè si trattava di fare ricerca sui topi, per i quali purtroppo ho una discreta repulsione, in quanto li identifico con quegli animali che infestavano il granaio di mio zio e flagellavano la stalla. Quelli per i quali non mi sono mai fatto scrupoli di distribuire esche avvelenate in casa e nell'orto.
Capii che tra lei e me non ci poteva essere alcuna storia quando le domandai quanti topastri c'erano nello stabulario e vidi il suo sguardo dispiaciuto: non chiamarli topastri, mi riprese, sono topini. Non c'è alcun dubbio: lei per le cavie dei suoi esperimenti provava molta più tenerezza e compassione di quanta ne provassi io per i flagelli della fattoria.
Ora, anche quando leggo di ricercatori che condannano la vivisezione, in generale ho l'impressione di persone squilibrate, che non hanno mai fatto davvero ricerca sugli animali, non ne conoscono il reale contesto e non si sono mai confrontati con il dolore concreto degli animali e degli uomini.
Nella Bibbia il profeta rimprovera Davide raccontandogli una storiella: un uomo ha una sola pecora che dorme con lui, un ricco per festeggiare un ospite anzichè prendere dal suo proprio e numeroso gregge, fa ammazzare la pecora del povero. Perchè nella Bibbia il sacrificio animale non è motivato dall'odio o dal disprezzo per il sacrificando. Anzi. Senza amore per l'animale non c'è sacrificio che valga qualcosa. L'animale immolato è un sostituto del proprio figlio, e solo Dio può permettersi di mettere al posto dell'agnello il Figlio Unigenito. I popoli della Terra Promessa furono sterminati senza pietà proprio perchè facevano passare i propri figli per il fuoco e li mettevano sotto le pietre su cui costruivano le città. Dio ha fermato la mano di Abramo affermando appunto che solo Lui può accettare e predisporre il sacrificio umano.
Da Cristo in poi nessun sacrificio è più giustificato in sè, salvo il sacrificio di sè. Da Cristo in poi, perciò, è abolito anche il sacrificio animale e la comprensione del dolore che si infligge all'animale fornisce il metro di paragone per il beneficio che ne trae l'uomo.
Molto più crudele, ad esempio, considero la pratica diffusa negli allevamenti bovini di ammazzare i vitelli prima della prima poppata. Ovvio che la quantità di latte che un vitello consuma fino allo svezzamento dal punto di vista economico vale molto di più del vitello venduto svezzato, epperò quando la Bibbia dice che non si cuocerà l'agnello nel latte della madre, presuppone una compassione anche per l'agnello che comunque è destinato all'arrosto.

Alla fine ciò che manca nella discussione sulla vivisezione è appunto la riflessione su questi due aspetti (la compassione non si può imporre e deve andare di pari passo con la comprensione concreta). Gli illuminati animalisti che vorrebbero imporre a tutti una morale astratta, ideologica e universale, sono fanatici degni della doppia S.

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