sabato 2 marzo 2013

Imprenditore Precario


Si ricomincia. Che palle.
Sembra di partire sempre da zero, mese dopo mese e anno dopo anno sei allo stesso punto, i capelli diventano bianchi e il testosterone va a picco ma la realtà da affrontare non cambia mai.
L'anno scorso abbiamo perso Carlotta, ha fatto un buon lavoro, insomma accettabile, senza infamia e senza lode. Poi il progetto è finito, lei è rimasta a casa. Dorotea l'aveva avvertita che quando si fosse presentato un nuovo progetto l'avrebbe richiamata, ma Carlotta prima ancora di uscire dall'ufficio aveva già spedito una raccomandata per reclamare il compenso e mettere le mani avanti chissà che un sindacato riuscisse a dimostrare che ha fatto un lavoro da dipendente e non da collaboratore occasionale.

Abbiamo capito il soggetto, Dorotea ha raccattato quel che le dovevamo, l'ha pagata e chiuso. La questione è complessa, non è ovviamente colpa di Carlotta, non era un cattivo soggetto, non era in malafede. Il problema è che qua, un questa società che vira al marrone, nessuno si fida di nessuno e se dici a qualcuno che pagherai, quello stringe le chiappe e ti fissa con gli occhi a fessura di un cecchino professionista.
Nessuno si fida di nessuno, non perché la gente sia cattiva, beninteso, ma perché i cattivi ci sguazzano in questo sistema, in questa trappola dove le persone oneste soffocano e boccheggiano. Perché le leggi e i regolamenti non sono necessariamente a favore né dei datori di lavoro né dei dipendenti ma sono una giungla dove ciascuno trova l'arma che gli serve se la vuole. Sono una giungla che mi fa incazzare come una jena, come una pipeline sotto pressione, come un brufolo maturo. Mi fa incazzare perché so che non ci sono vie d'uscita, perché il pesce marcisce dalla testa e i nostri politici nella testa hanno ben altro che il benessere delle vacche che mungono.
Ho votato Grillo con molta soddisfazione: mandiamoli a casa! Sì, a casa tutti e buonanotte al secchio. Perché alla fine io non riesco a capire cosa vuol dire che abbiamo un bisogno urgente di un governo, che l'Italia non può permettersi di restare senza governo. L'unica cosa di cui non abbiamo bisogno è proprio un governo, se riuscissimo a mandarli affa'nculo per un periodo adeguato, balzeremmo ai primi posti dell'economia mondiale. Perché c'è qualcosa di peggio di cattive leggi e cattivi regolamenti, ed è cattive leggi che sostituiscono cattive leggi ad ogni refolo di vento. Vai a letto la sera e la prima preoccupazione è se domani le leggi saranno uguali o se la prenderai in quel posto da un angolo diverso.
Ad ogni modo non serve a nulla lamentarsi, si deve andare avanti. Carlotta ha liquidato Dorotea, abbiamo messo un annuncio e stiamo cercando un'altra addetta alle relazioni esterne. Carlotta ha selezionato, tra i tanti, il curriculum di una certa Luisella Vattelapesca, secondo me è un'altra cantonata della mia socia. Sembra che lei abbia un sesto senso per le candidate che ci daranno rogne, ma è inutile metterla in guardia: quelli che per me sono difetti, per lei sono punti di forza.
Questa Luisella, poi, a me puzza da lontano: ha un curriculum da paura, ha vissuto svariati anni all'estero, ha una sfilza di pubblicazioni, dice di parlare e scrivere correntemente in inglese e francese, laurea, master, specializzazione. Lavoro attuale? Nessuno. Part time cameriera. Non mi quadra, per nulla.
Gli anni mi hanno reso sospettoso, contro il mio carattere base, perché mi hanno preso in giro così spesso, sono stato imbrogliato e truffato tante volte, che ho imparato a sospettare di chiunque. Tuttavia la prima impressione è buona. Non viene al colloquio tirata come la Ventura, scarpe comode, abbigliamento quasi casual, ma di abbigliamento non me ne intendo abbastanza, non saprei dire con precisione. Mi rendo conto che si è vestita in modo da non dare troppo nell'occhio, come se volesse dire: sono quel che sono, prendere o lasciare. Poi non saprei se i pantaloni sono finti rammendati o rammendati veri, se le scarpe basse sono scarpe da mercato o casual da mille euro a piede.
Solo una scollatura generosa: non è stato il primo pensiero ma ammetto di aver pensato che forse è una facile da portarsi a letto. Rossa, in carne ma non grassa. Energica, non di quelle sciacquine quattro ossa in conflitto con tre millimetri di cute sopra. Mi scoccio, faccio di tutto per non lasciare che gli ormoni mi disturbino sul lavoro ma non è facile. Sono circondato da donne dalla mattina alla sera, resto a secco solo dalla sera alla mattina come se fosse una maledizione tipo quella di Shrek. Mia moglie mi ha lasciato perché gelosa di Dorotea, era perseguitata dalle allucinazione che tra me e la mia socia ci fosse qualcosa. Dorotea è forse l'unica donna che non mi ha mai fatto venire alcun pensiero fuorviante, forse è per questo che da tanti anni lavoriamo insieme come gemelli siamesi. Negli anni l'ho vista rifarsi di tutto, dagli zigomi alle tette. Dorotea è una macchina da guerra, una lavoratrice accanita, non sente né fame né sonno, secondo me il fatto è che il silicone non consuma e non dorme.
Fino a qualche mese fa, quando uscivo dall'ufficio, mi fermavo in un appartamento nel condominio di fronte: un gruppetto di ragazze cinesi gestivano un centro massaggi a prestazioni allargate. Poi una sera, giusto una decina di minuti dopo che avevo avuto il mio massaggio romantico, i carabinieri vi hanno fatto irruzione, le hanno arrestate e estradate, hanno identificato i clienti e li hanno portati in centrale. Quando l'ho letto sul giornale per poco facevo un infarto: ero sfuggito per un soffio alla gogna mediatica. Figurati se mi fossi fermato un quarto d'ora in più, ma chi ce l'avrebbe avuto il coraggio di presentarmi al lavoro il giorno dopo? Me lo immagino il sorrisetto di Dorotea: se lo sarebbe stampato addosso per i prossimi cento anni.
Perché se mi porto a letto una ragazza dell'ufficio o una cliente o una modella della sfilata, sono un macho. Ma se non ho voglia di perdere tempo con cene e corteggiamenti, se volessi concentrarmi sul lavoro e mi servisse solo un colpetto veloce, sono uno sfigato. L'ha detto chiaro il nostro ex premier, che lui non ha mai pagato una donna per fare sesso. Pagare per il sesso è vergognoso, pagare per una cena e per regali di lusso è elegante e alla moda.
Ma la mia sfortuna è che il mio lavoro mi piace e da quando apriamo le porte al mattino a quando le chiudiamo la sera, sono come un pesce nell'acqua. Il problema viene dopo, fuori. Capita che una donna accetti l'invito. Passo a prenderti, alle otto va bene? Bene. Dove andiamo? Che ne so, io, di dove si va per corteggiare una che mi voglio fare? Non è il mio lavoro, appunto. Andiamo al ristorante. Che barba, ma dove la porto altrimenti? Bello, simpatico, come no, cucina buona, leggera, casalinga, camerieri educati e impettiti, già. Lei parla, ride, si guarda attorno divertita. Dimmi qualcosa. Che vuoi che ti dica? faccio la figura del pesce lesso. Non posso mica ricominciare a parlarti di lavoro, no?
Lei tiene su la conversazione quasi da sola, puntellandosi sui miei monosillabi come su palafitte. L'unica cosa che avrei da dire è che dopo si scopa ma sarebbe da cafone e non riesco a trovare il pretesto. La serata non riesce granchè brillante o è il prosecco che era troppo frizzante, così a lei viene sonno o mal di testa o deve alzarsi presto o quel che ti pare ma: grassie è stata una bella sserata mi puoi lassiare qui che faccio due passi ciao buona notte sei carinissimo smack smack.
Non so se Dorotea mi segua nei miei pensieri che si arrampicano sulle cosce di Luisella e si attorcigliano attorno ai fianchi e ai seni. Ad ogni modo a lei Luisella piace e a me anche. La prendiamo, contratto a progetto, poi si vedrà, speriamo bene.


NB: Imprenditore Precario, diario di un imprenditore qualunque, è un personaggio di pura, masochistica fantasia, e un riuscito tentativo di evasione sociale e politica. Ogni riferimento a fatti e persone è accuratamente selezionato e voluto nella speranza di provocare quel minimo di sussulto di coscienza che ci faccia sperare di non vivere nel paese degli zombie. So bene che Malafemmina le cose le vede da un altro punto di vista, ma la cosa non mi preoccupa. Affatto.

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