giovedì 7 marzo 2013

Accidenti se è figa


Accidenti se è figa!

Questa sera abbiamo l'happening, un rinfresco a cui casualmente arriva un certo numero di persone note e di giornalisti e paparazzi senza sapere che è l'inaugurazione di una linea di collant. Tutto per caso, flash, auto, brillantini, tutto per caso e tutto ben pagato.
Sono un po' preoccupato per come Luisella si presenterà, per cui mi guardo attorno tra i locali vuoti e i camerieri che imbandiscono i tavoli sapendo che il nostro lavoro è all'esame finale e il risultato dipende ormai tutto da tre persone: io, Dorotea e Luisella. Tuttavia di fatto ormai io e Dorotea abbiamo poco da fare, dobbiamo solo controllare che tutto fili liscio, prendere nota di eventuali errori da evitare per il futuro, se possibile fare promozione con qualche futuro cliente, insomma noi basta che ci siamo.
Ma la riuscita finale dipende ormai da Luisella, è lei che deve tenere conto degli orari di arrivo degli invitati, essere a disposizione per eventuali imprevisti dell'ultimo momento, risolvere i problemi. O almeno in teoria dovrebbe essere così. In realtà non è mai andata così. Anche Carlotta, quella prima di Luisella, quando un americano ha telefonato che era stato bloccato alla dogana dell'aeroporto da un cane antidroga, non ha trovato di meglio da fare che venire a dirmelo aspettando la soluzione, senza un minimo di riservatezza. Perché l'assessore alle politiche sociali ha fatto finta di non aver sentito quale problema dovevo risolvere, come io ho fatto finta che fosse normale amministrazione, ma la nostra immagine e quella dell'americano non ci hanno guadagnato, già.
Speriamo che Luisella questa sera se la cavi meglio di Carlotta. Pensavo che non ci fosse ancora, invece me la sono vista sputare all'improvviso da dietro l'angolo, con un ipad in mano che consultava assorta. Sono rimasto di stucco: la donna vestita casual è stata fagocitata da una miss copertina, abito rivestito di brillantini, gambe e tette al vento, capelli raccolti in alto e tacchi astronomici che mi obbligano a guardarla dal basso. Viene avanti ancheggiando, assorta, celestiale. Per un attimo smetto di respirare, la prenderei per la vita sottile da anguilla e la trascinerei altrove distante lontano.
Alza gli occhi: «buongiorno dottore, già qui anche lei?»
Sono ancora più spaesato: insisto a non capire. Questa è una donna troppo in gamba per essere ancora precaria alla sua età. Chissà cosa c'è sotto, chissà che vita ha avuto, che storia, che storie. Fantastico di amori strappalacrime, di collettivi politici, di beghe familiari, di anni passati all'estero in fuga da situazioni pericolose. Mi pare di aver capito che ha una figlia ventenne ma non sappiamo nulla di fidanzati o mariti o compagni. Non sappiamo nel senso che ho parlato a Dorotea dei miei dubbi e lei mi ha resocontato i frammenti di vita personale di Luisella che sapeva, tra le sue notizie dirette e quelle degli altri dipendenti. Sta di fatto che sono sempre più convinto che qualcosa non quadri.
Giriamo per le sale, controlliamo che le vetrine siano tirate a specchio, che i monitor siano accesi, che le chiavette usb siano inserite e le presentazioni a ciclo continuo vadano avanti senza intoppi. Controlliamo anche i bagni: che siano puliti, in ordine, profumati. A volte un grande evento inciampa su stupidaggini. Un po' appaiati, un po' ciascuno per i fatti suoi, poi ci reincrociamo. L'aria della sera porta il profumo della primavera alle porte, o forse è Luisella che sembra una rondine nel cielo.
Arriva un po' di gente, qualche paparazzo, il committente, sua moglie, un assessore. Arriva Dorotea, alla vista di Luisella sgrana gli occhi, piega la testa di lato e mostra una fila di denti bianchissimi. È sempre più convinta di aver indovinato, ogni complimento fatto a Luisella è un complimento per lei.
La show-girl francese scende dall'auto attorniata dai flash, Luisella la accosta e le sussurra la direzione da prendere e le persone da salutare, con discrezione. I locali si riempiono, i camerieri stappano le bottiglie, sorrisi, strette di mano, salatini, piattini, sorrisi.
Come al solito sono teso, cerco di tenere sotto controllo il tutto che durerà un'ora o poco più ma da questa ora dipende tutto il nostro lavoro. Perché puoi fare migliaia di happening perfetti, basta sbagliarne uno per farti etichettare da iellatore e ti si chiuda il mercato. Perché servirebbero conoscenze e raccomandazioni e parentele che non ho: la mia reputazione dipende da quello che faccio e dall'abilità di non risvegliare troppe invidie.
Luisella compare e scompare tra i tavoli, gli ospiti, i giornalisti, prende quello per la giacca, sfodera un sorriso da amante fatale per l'altro, prende sotto braccio la miss inglese che non regge l'alcool e non beve altro che whisky. Mi rendo conto che se me ne sto in un angolo è meglio, trasudo ansia e forse mi faccio sfuggire proprio i particolari che mi servono mentre tutto scivola alla perfezione diretto con discrezioni dagli inavvertiti aggiustamenti della mia dipendente.
Con un bicchiere in mano, su una sedia in un angolo un po' fuori vista, respiro: mi accorgo di tante persone e tanti particolari che mi erano sfuggiti, un mare di idee di nuovi lavori e iniziative mi si affollano nella mente. Guardo ancora Luisella che mi passa davanti presa sottobraccio da un imprenditore brizzolato, lo guida dove vuole lei facendogli credere di andare dove vuole lui. Li sento parlare in tedesco: non ci aveva detto che parlava anche tedesco! Questo supera ogni immaginazione, ogni attesa. Io faccio fatica a leggere in inglese e tratto lei come una mia dipendente, non per superiorità ma perché lei è una mia dipendente. In un mondo ordinato dovrebbe essere il contrario, in questo mondo è così. D'altra parte ho lavorato duro per venti anni per mettere su l'azienda che dirigo, non posso rimproverarmi nulla e non ho rubato nulla a nessuno. Non mi sento in colpa ma sono onesto e mi sento impreparato, inadeguato, sempre e con Luisella ancora di più.
L'aria della sera si fa più fresca, la fine dell'happening si sente dalla diminuzione del brusio, ad un tratto si scorgono spazi vuoti, come un contagio gli invitati avvertono che devono scappare, hanno fretta, arrivano i taxi, le auto private, saluti, via veloci.
Il bicchiere in mano è vuoto, sono già proiettato alla prossima settimana. Dovremo dire a Luisella che non le rinnoviamo il contratto perché al momento non abbiamo commesse in lavorazione. Ma appena arriva qualcosa la richiamiamo. Non c'è dubbio, ci può scommettere, se c'è una collaboratrice alla quale non vorrei mai rinunciare è lei.
D'altra parte non abbiamo scelte: il nostro è un lavoro che va avanti a salti, come una cavalletta. Anche noi, io e Dorotea intendo, guadagniamo a salti, sappiamo che i soldi che prendiamo per un evento come questo, ci devono bastare per due o tre o anche sei mesi, finché arriva un'altra proposta. A volte poi te ne arrivano due o tre o più in contemporanea, a volte succede che stai anche un anno senza far nulla. É successo un anno, nel 2001 se non ricordo male. Ti lasceresti allora andare alla disperazione e se non sei abbastanza bravo a fermare il pensiero prima che prenda corpo sei finito perché i nostri clienti annusano prima di tutto l'ottimismo, la convinzione di essere vincenti. Nel mondo dell'apparenza conta che tu appaia un leader, non esiste che tu ammetta debolezze. Devi avere la macchina del vincente, la cravatta, la giacca, il sorriso, gli occhi, il portamento del vincente. Anche se non sai come pagherai gli stipendi, il leasing, l'affitto, le bollette. Devi apparire un vincente. Per apparire devi esserne convinto, devi scacciare la lista dei pagamenti e metterti davanti agli occhi solo gli allori.
Mi rendo conto che Luisella giudica me e Dorotea dalla macchina e dalle spese, ma non si rende conto che queste spese sono come gli stipendi: devo avere una macchina di lusso così come devo pagare i dipendenti. Anzi, la società perdona più facilmente una causa fatta dai dipendenti non pagati che un'auto di piccola cilindrata.
La festa è finita, la giostra rallenta, le luci si spengono, i camerieri svuotano i tavoli, Dorotea ha fatto accomodare l'imprenditore tedesco sulla sua auto e lo sta accompagnando in albergo. Luisella è accaldata, tira fuori l'ipad, controlla che tutto stia filando liscio. Mi sento svuotato, come un mendicante sul marciapiede, come se avessi fallito tutto. La settimana prossima dovrò dirle quello che le devo dire. Darei qualunque cosa per trovare un'altra soluzione.
Tra poco chiuderemo le vetrate, andrò a casa, butterò giù mezza bottiglia di rum e dormirò dodici ore di fila.


NB: Imprenditore Precario, diario di un imprenditore qualunque, è un personaggio di pura, masochistica fantasia, e un riuscito tentativo di evasione sociale e politica. Ogni riferimento a fatti e persone è accuratamente selezionato e voluto nella speranza di provocare quel minimo di sussulto di coscienza che ci faccia sperare di non vivere nel paese degli zombie. So bene che Malafemmina le cose le vede da un altro punto di vista, ma la cosa non mi preoccupa. Affatto.

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