mercoledì 19 dicembre 2012

Femminicidio #12


Birba: «Che ci facciamo qui?»
Amico: «Niente!»
B: «Fino a quando dobbiamo restare?»
A: «Non so. Fino a quando si spegnerà il sole, temo. O quando l'universo collasserà.»
B: «Fino a quando il sole si spegnerà? Ci vorranno milioni di anni!»
A: «Hai di meglio?»
B: «E cosa facciamo?»
A: «Niente!»
B: «Niente per milioni di anni?»
A: «Niente. Parliamo. Pensiamo. Ragioniamo. Forse. Nient'altro»
B: «Niente per milioni di anni, qui tutti nudi, in questa penombra senza sole, su questa piazza grigia senza orizzonti! Possiamo almeno raccontarci qualche barzelletta? Indovinelli? Storie?»
A: «Oh, sì, certo. Dopo qualche secolo però le barzellette, gli indovinelli e le storie le conosci tutte, e resteranno ancora millenni e millenni di attese senza fine»
B: «Potremmo guardare le donne nude, almeno?»
A: «Guarda, guarda, fin che vuoi. Qui nessuno dice nulla. Basta qualche settimana a toglierti ogni curiosità e ti resta ancora una eternità dopo la noia»
B: «Amico, tu mi sembri una persona saggia: dimmi, sai dove siamo?»
A: «Non lo so proprio. Ero in una selva oscura e mi son trovato qui»
B: «Non sai ben ridir come c'entrasti, vero? Già, anch'io e stupisco di quanto m'annoiava a scuola quella cantica»
A: «Proprio così. Suppongo che non siamo in Paradiso, sarebbe una beffa atroce. Per essere l'Inferno non è abbastanza crudele. Come Purgatorio è troppo noioso. Se devo pensare a quel che merito, direi che è l'Inferno ma non ci scommetterei un cent»
B: «Dici che meriti l'Inferno? Cosa hai fatto di terribile, di così orribile nella tua breve vita? No, non ci credo. Anche se fossi stato l'uomo più cattivo della terra, la tua vita sarà durata, che so? settanta, ottanta anni. Come puoi aver meritato una eternità infernale con soli settanta, ottanta anni di malvagità?»
A: «Gonzo che non sei altro! Ma tu credi che l'Onnipotente Giustizia divina ragioni come un qualunque ragioniere? Pensi che stia a contare meriti e demeriti e a saldare il conto come un avaro? Basta un momento di contrizione per salvare una vita perduta, basta una bestemmia per perdere una santa vita»
B: «Come puoi chiamare giusto un Signore che dimentica una vita di sacrifici per un attimo di disperazione?»
A: «Non dimentica nulla, amico mio, ma rispetta la libertà di chiunque, dei re e dei servi. C'è un momento in cui si concludono i contratti: la firma suggella e sigilla riflessioni lunghe o rapide, improvvisate o ponderate. Dopo ogni gioco finisce. Chi non pensa a sufficienza prima, non pianga dopo»
B: «Dunque tu nel tuo ultimo istante scegliesti l'Inferno? Bestemmiasti la Sua Misericordia con il tuo ultimo respiro?»
A: «No, certamente. Non credo. Del mio ultimo istante non sono responsabile. Perché la mia volontà era tutta presa nel non scivolare sulla china alla quale mi trascinavano le donne lascive che mi circondavano. Avrei dovuto prepararmi all'ultima battaglia, non essere provocato da scollature e minigonne»
B: «Se solo l'ultimo istante conta, perché allora ti rammarichi del male o ti rallegri del bene della vita intera?»
A: «Perchè questo e quello mi hanno preparato al grande salto. E io rimpiango di essere stato troppo distratto da donne comunque svestite. Se non fosse corso dietro a ciascuna di loro, avrei affrontato meglio l'ultimo esame.»
B: «Sarebbero loro quindi responsabili del tuo smarrimento. La donna in minigonna è colpevole dello stupro che subisce? Avresti voluto scegliere per le donne, al posto loro, vestiti, gonne, calze, gioielli, pettinature?»
A: «Non sia mai. Avrei solo voluto sapere che significava quel vestire, sai»
Vescovo: «Appunto, è quel che ho sempre detto pure io. C'è la ragazza che porta la minigonna perché cerca marito, quella che ha tanti amici da aver dimenticato quale potrebbe un giorno sposare, e c'è la donna sposata che cerca l'amante. Ma l'aria è ammorbata dalle zucche vuote che non cercano mariti né amici e neppure amanti. Ma hanno visto su Vogue quella gonna e come formiche seguono il sentiero tracciato.»
B: «Oibò, chi è questo signore dalla lunga barba, amico?»
A: «Un vescovo, non vedi?»
B: «Un vescovo? E come avrei potuto distinguerlo, così ignudo? Anche vescovi dunque ci sono qui all'Inferno»
V: «Inferno? Siamo noi all'Inferno? Chi l'ha detto?»
B: «Lui!»
A: «Io? No, assolutamente. Amico tu trai conclusioni affrettate»
B: «Se lei è un vescovo, allora sa se siamo in Paradiso o all'Inferno, può dirmelo per favore?»
V: «Io non sono vescovo. Ero vescovo. Adesso sono solo un uomo nudo, come tutti. Per quel che ne so, per rispondere alla tua domanda, questo potrebbe anche essere l'Inferno, ma non ne sono sicuro. È da tanto che cerco una risposta. A volte vedo passare qui San Pietro, di corsa e affannato. Ho provato a fermarlo una volta, mi ha fatto cenno: passo dopo. Ma non si è mai fermato. Viene qui di fretta, come se non avesse tempo neppure per respirare, e corre via affannato e indaffarato, brontolando tra sé litanie incomprensibili»
B: «Signor vescovo, ci spieghi come si fa a sapere se si va all'Inferno quando si trapassa. Lei dovrebbe saperlo»
V: «Amico mio, ciascuno va dove vuole andare. Chi vuole all'Inferno, chi vuole in Paradiso»
B: «Che fandonie sono queste? C'è forse qualche uomo che non vuole andare in Paradiso? Tutti gli uomini vogliono andarci: bella scoperta»
V: «Non sai quel che dici, dà retta: tu l'omo non lo conosci punto. Forse il problema è che non lo vogliono, o forse non lo vogliono abbastanza. O forse che non sanno quel che vogliono. Forse anche noi siamo qui perché non sappiamo cosa vogliamo. Forse resteremo qui finché non l'avremo scoperto. Il tuo candore mi costringe ad una confidenza: vedi, io non so se preferirei essere in Paradiso senza la donna che amai tutta la vita, o piuttosto all'Inferno ma con lei. Vedi quella donna là in fondo, quella abbracciata sì, l'ho amata da lontano tutta la vita, l'ho seguita nelle sue vicende, ho sognato di poterla stringere ed abbracciare. Sapevo che era un sogno impossibile e ancora adesso mi domando per quale ragione Dio ci metta in cuore desideri irrealizzabili, perché ponga il traguardo sempre oltre il divieto. Fare la Volontà dell'Altissimo è stato lo sforzo di tutta la mia vita perché ogni desiderio trovi compimento. Ora mi domando che frutto porterà ogni mia rinuncia»
A: «Se Vostra Eminenza non sa quel che vuole, cosa possiamo sapere noi comuni mortali? Di tutto ciò che abbiamo fatto nella vita, di tutto quello che abbiamo voluto, di tutto ciò che abbiamo desiderato. Vede, io non so se voglio il Paradiso senza belle donne. Se non mi avessero confuso avrei anche potuto immaginare un paradiso diverso, altro e altrove. Ma quando certe donne ti fanno intravvedere la felicità, ti sembra di sapere quel che vuoi. Invece eccole qui, a migliaia e migliaia, completamente nude, e comprendi che nessuna di loro ti basta. Vedi ad esempio quell'esemplare laggiù: avreste mai pensato sulla terra di poter contemplare una così bella donna, così a lungo e senza ostacoli?»
Donna: «Dici di me che sono un bel esemplare? Come fossi un cavallo o una mucca?»
B: «Signora ci consenta, era per dire, eravamo presi in altri dilemmi, perciò ci scusi. Non volevamo in alcun modo mancarle di rispetto»
D: «Perchè pensa lei che mi abbiate mancato di rispetto? Perchè non sono sollecitata nella mia vanagloria ad essere ammirata? Perché passeggio tutta nuda da secoli e non un solo fischio, non un solo tentativo di abbordaggio? Quanto inutili e stupide mi sembrano ora le nostre tattiche di un tempo per sollecitare le attenzioni maschili. Quale inutile distrazione: noi prese dal piacere di piacere, voi prigionieri del desiderio da noi suscitato»
V: «Donne, donne! Se aveste saputo contenervi, rispettare l'altrui libertà, le altrui sensazioni, desideri, pulsioni! Non chiedevate il permesso per risvegliare nei cuori speranze inconfessabili»
D: «Con che coraggio avresti voluto tu disporre dei nostri corpi? Noi siamo esseri umani quali voi e abbiamo il diritto di autodeterminarci quanto voi decidendo quanti centimetri di gonna sono decorosi e quanti no, dove e come il seno sia opera d'arte o invece perversione. Qui si vede la vostra follia: non un solo filo copre la nudità ai vostri cuori, e questi seni e queste gambe vedrete per l'eternità»
V: «Amica pensi tu che i preti non abbiano nozioni di anatomia? Ciò che condanniamo non è il corpo ma ciò che con il corpo si vuole dire o far intendere»
D: «Ebbene chi altri può decidere cosa una donna vuol dire con il proprio corpo? Chi può dire cosa è lecito dire e cosa vietato?»
B: «Quindi voi donne sapete ciò che volete? Se rivendicate il diritto di autodeterminarvi, voi sapete cosa conta davvero nella vita»
D: «Non ti comprendo, amico»
B: «Se tu sai quel che vuoi, sei qui perché lo vuoi. O mi sbaglio? La vostra autodeterminazione dove vi porta se non dove volete andare? Quindi se voi sapete dove volete andare e siete qui, significa che voi volete essere qui»
Puttana: «Magari! Oh, magari sapessimo che ci facciamo qui! Magari sapessimo ciò che vogliamo! Su questo, donne e uomini siamo identici. Non vi invidio per nulla, come non mi vanto di ciò che ero. Rimpiango semmai di essermi illusa che possedere me stessa fosse ciò che volevo. Ho fatto girare la testa a decine, centinaia di uomini. Ogni conquista era ciò che in quel momento desideravo più di ogni cosa, salvo scoprire un attimo dopo che desideravo qualcosa di più, qualcosa ancora oltre»
Moglie: «Anche mio marito fu tra le tue conquiste?»
P: «Ancora ti brucia?»
M: «Non so se ancora mi brucia. Ho bisogno di sapere se ci tengo ancora, se tengo ancora al suo amore. Ho bisogno di saperlo ma non lo so. Perchè non mi amò? Mi avrebbe amato se mi fossi piegata come verde fuscello ad ogni suo desiderio, se fossi stata pronta ad esaudire ogni suo comando, se fossi rimasta in casa come devota sposa, amorevole madre?»
B: «Perchè te lo domandi? Rimpiangi forse qualcosa?»
M: «Forse di non aver provato. Forse di aver pensato che ci sarebbe stato ancora tempo. Ci sarebbe stato tempo per i figli, per la casa, per essere madre e sposa. Mentre il tempo passava l'unica cosa per la quale il tempo non sarebbe tornato, era quello che rubavo a me stessa»
B: «Adesso cosa vuoi? Se volevi restare insieme a te stessa per l'eternità eccoti accontentata.»
M: «Hai ragione, ben misera speranza ha sostenuto tante tensioni, tante scenate, tante pretese. Che lui fosse come io lo volevo, che fosse mio come io ero mia»
D: «Ti compatisco amica, come compatisco lui. Possedere un altro è fargli una prigione, incatenarlo a ciò che noi immaginiamo di lui. Cosa c'è di meglio nella vita che la libertà, l'orizzonte libero di traguardi e desideri, un cammino senza sponde, una mappa senza tracce? Vivere ogni giorno la libertà di inventarsi »
A: «Davvero tu vuoi questo? Questo per sempre, finchè il sole brucerà e l'universo si espanderà tu gioirai di questo immenso spazio grigio senza pareti? Qui realizzi la tua volontà? Non hai mai assaporato la bellezza di essere schiava di un desiderio o un amore impossibile? Di una speranza disperata? Non hai mai sperato di trovare qualcosa per cui valesse la pena perderti?”

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