mercoledì 8 febbraio 2012

art.18 e pensiero totalitario

L'Italia è il paese del "sì": sia questo sia quello, sia la moglie sia l'amante, sia la fidanzata mora sia la bionda, sia la pittura sia l'architettura.
Da qualche tempo ci siamo omologati al pensiero totalitario dei paesi nordici: aut aut.
Art.18 si, art.18 no.
Ma chi l'ha detto, ma quale deve essere il motivo per cui gli italiani debbano essere obbligati ad avere o a non avere la garanzia del posto di lavoro?
Non sarebbe più logico offrire a chiunque la libertà di stipulare un contratto "garantito" e un contratto "precario"?
Va bene, prevediamo alcune correzioni (ad esempio il lavoratore ha diritto ad una indennità di precariato. Dove la recuperiamo? Gli diamo in tasca gli oneri che nel sistema contributivo servono appunto da ammortizzatori sociali. Visto che lui non è spaventato dall'idea di restare a casa da un giorno all'altro, la quota parte di contributi che finanzia la Cassa Integrazione spetta a lui direttamente. Ovviamente se la flessibilità è un vantaggio per l'azienda, anche l'azienda dovrà in qualche modo riconoscere questo vantaggio).

Con queste correzioni avremmo due tipologie di contratto: Il contratto "garantito", che all'azienda costa meno e che riconosce al lavoratore uno stipendio netto inferiore, ma gli dà la tranquillità del posto di lavoro. Anzi a questo punto le garanzie si potrebbero e si dovrebbero anche estendere: al lavoratore si dovrebbe garantire lo stipendio da contratto in qualunque condizione, che si ammali o che la fabbrica fallisca.
Viceversa il contratto "precario" consentirebbe ai lavoratori di guadagnare di più ma a fronte del rischio di restare a casa senza preavviso.
Le due tipologie ovviamente occuperebbero settori diversi. Il lavoro garantito è adatto ai settori tradizionali e consolidati, che non subiscono fluttuazioni importanti, nei quali anche un piccolo risparmio sul costo del lavoro è importante, e sarebbe appetibile dai lavoratori più ansiosi e con meno propensione alla libera iniziativa.
Dall'altro lato il contratto precario è adatto alle aziende che si muovono in settori innovativi, scarsamente prevedibili, con un ampio margine di fattori non misurabili a priori, e sarebbe appetito dai lavoratori che hanno una alta concezione di sé e molta fiducia nella propria capacità di riciclarsi.
Semplice: nell'era della libertà valorizziamo la possibilità di scegliere anche nelle cose che contano e non solo nelle minchiate.

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