Il secolo è il tempo che gli antichi consideravano il tempo della memoria, non si possono fare contratti con una durata maggiore di 100 anni. Si presume infatti che la memoria, o per aver vissuto direttamente a quel tempo o per averne sentito parlare da chi l'ha vissuto, non possa andare oltre. Oltre si va alla storia e all'opinione.
Coloro che hanno ucciso Banci Carlo quando aveva 15 anni, avevano pressapoco la stessa età e quindi oggi sarebbero anche loro grossomodo attorno ai 100 anni.
Con quella generazione, quella che nel 1945 aveva tra i 15 e i 20 anni, si estingue perciò la memoria di ciò che è successo allora. Quella generazione è quella che ha vissuto in pieno il dopoguerra, il miracolo italiano, il '68, la legge sul divorzio e sull'aborto, mani pulite, Berlusconi ...
È a loro che noi dobbiamo la menzogna nella quale siamo cresciuti. Come i loro padri non hanno protestato per gli orrori del colonialismo italiano, così loro hanno tollerato che in Italia crescesse il più grande partito comunista d'occidente. Noi siamo vissuti nel mito dell'antifascismo. Nella censura degli orrori del comunismo, noi abbiamo dovuto raccogliere a fatica brandelli di verità riguardo ai gulag, all'Holodomor, ai campi di concentramento coreani.
Gli assassini hanno taciuto e si sono gongolati delle loro medaglie di partigiani, gli altri hanno taciuto lo stesso.
Questa generazione chiude definitivamente la propria storia su questa terra con questa pandemia (intendo il coronavirus).
Che dietro ci sia la mano e il giudizio di Dio è difficile da dire. Però, anche se non fosse, se fosse solo caso, una malattia così selettiva per l'età deve farci riflettere: convertitevi se non volete che a voi capiti lo stesso e di peggio. Prima o poi tutti dovremo rendere conto alla verità, nessuno può sfuggire. E proprio al limite, quando ormai pochi testimoni sono ancora vivi, ecco sembra che Qualcuno dica: è ora di fare i conti.
I conti con una generazione che ha costruito il proprio futuro nella censura, nella smemoratezza, nella paura di dire le cose come stanno. Sulla menzogna.
Che ha educato i figli all'ossequio del potere, quindi. Alla fuga dalla coscienza. All'interesse spiccio e immediato al primo posto.
Questa generazione se ne sta andando. Non possiamo chiedere conto di quello che è successo allora agli eredi (PD?).
Ma possiamo imparare: la verità anzitutto.
Volevano scordare il passato abbagliati da un futuro radioso, auto e frigoriferi per tutti, ferie e liquidazione pagate, villeggiatura ai monti e al mare.
Nel frattempo aumentava il debito pubblico e l'Italia imboccava una strada ormai chiaramente senza ritorno.
Hanno preso quello che hanno potuto lasciando dietro di sè, ai loro (pochi) figli e (pochissimi) nipoti, macerie e rovine.
Il secolo è passato. Facciamo tabula rasa e ripartiamo.
Aspettando il 25 aprile ...
Strage di Rovetta 28 aprile 1945
Il 26 aprile 1945 un gruppo di suoi militi di presidio presso la località Cantoniera della Presolana, comandati dal Sottotenente Roberto Panzanelli, venuti a conoscenza della resa delle forze tedesce e della RSI attraverso alcune comunicazioni radiofoniche, decisero di abbandonare il presidio per raggiungere Bergamo. Si incamminarono quindi armati lungo la valle, preceduti da una bandiera bianca portata da Alessandro Franceschetti, l’albergatore presso il quale i militi erano alloggiati al Passo della Presolana e, giunti a Rovetta, decisero di deporre le armi e di consegnarsi al locale Comitato di Liberazione Nazionale. Qui, il loro ufficiale prese accordi con i rappresentanti del CLN locale per ricevere tutte le garanzie quali prigionieri di guerra. In tale occasione il loro ufficiale, Sottotenente Panzanelli, fece sottoscrivere e sottoscrisse un documento a tutela dei prigionieri, a firma sua, del parroco Don Bravi membro del CLN locale, del Maggiore Pacifico ed altri.
Il 28 aprile arrivò in paese un gruppo di partigiani composto da appartenenti alla 53ª brigata Garibaldi Tredici Martiri, alla Brigata Camozzi e alle Fiamme Verdi, che prelevarono i militi dalla scuola e li scortarono presso il cimitero del paese. Durante lo spostamento verso il cimitero uno dei prigionieri, Fernando Caciolo, riuscì a fuggire per poi nascondersi e trovare rifugio nella casa di don Bravi, dove trovò riparo per tre mesi prima di fare ritorno ad Anagni, suo paese d’origine. Il Panzanelli tentò di far valere lo scritto in suo possesso con le garanzie sottoscritte, ma il foglio con le firme gli fu strappato di mano e calpestato. Giunti presso il cimitero vennero organizzati due plotoni d’esecuzione e 43 dei prigionieri, di età compresa dai 15 ai 22 anni, vennero fucilati.
Tre di loro furono risparmiati per la loro giovane età. Uno dei militari, il ventenne Giuseppe Mancini, prima di essere ucciso, per ultimo, fu costretto ad assistere alla fucilazione di tutti i suoi camerati, in quanto i partigiani scoprirono essere figlio di Edvige Mussolini, sorella di Benito Mussolini.
I nomi dei MARTIRI:
ANDRISANO Fernando, anni 22
AVERSA Antonio, anni 19
BALSAMO Vincenzo, anni 17
BANCI Carlo, anni 15
BETTINESCHI Fiorino, anni 18
BULGARELLI Alfredo, anni 18
CARSANIGA Bartolomeo Valerio, anni 21
CAVAGNA Carlo, anni 19
CRISTINI Fernando, anni 21
DELL’ARMI Silvano, anni 16
DILZENI Bruno, anni 20
FERLAN Romano, anni 18
FONTANA Antonio, anni 20
FONTANA Vincenzo, anni 18
FORESTI Giuseppe, anni 18
FRAIA Bruno, anni 19
GALLOZZI Ferruccio, anni 19
GAROFALO Francesco, anni 19
GERRA Giovanni, anni 18
GIORGI Mario, anni 16
GRIPPAUDO Balilla, anni 20
LAGNA Franco, anni 17
MARINO Enrico, anni 20
MANCINI Giuseppe, anni 20
MARTINELLI Giovanni, anni 20
PANZANELLI Roberto, anni 22
PENNACCHIO Stefano, anni 18
PIELUCCI Mario, anni 17
PIOVATICCI Guido, anni 17
PIZZITUTTI Alfredo, anni 17
PORCARELLI Alvaro, anni 20
RAMPINI Vittorio, anni 19
RANDI Giuseppe, anni 18
RANDI Mario, anni 16
RASI Sergio, anni 17
SOLARI Ettore, anni 20
TAFFORELLI Bruno, anni 21
TERRANERA Italo, anni 19
UCCELLINI Pietro, anni 19
UMENA Luigi, anni 20
VILLA Carlo, anni 19
ZARELLI Aldo, anni 21
ZOLLI Franco, anni 16
Nessun commento:
Posta un commento